LODI Tumori e liste d’attesa, puntiamo alla prevenzione VIDEO

Bilancio dei primi mesi di attività della consigliera delegata alla salute e alla medicina territoriale Silvana Cesani

Liste d’attesa in ospedale e disagi per la medicina territoriale, dalle segnalazioni dei cittadini e dei sanitari arrivate ai candidati dell’attuale giunta Furegato durante la campagna elettorale, è nata la delega del sindaco alla salute e alla medicina territoriale Silvana Cesani. L’abbiamo incontrata per un bilancio dei primi mesi di attività.

LODI Tumori, inquinamento e liste d'attesa ospedaliere in primo piano. Video di Cristina Vercellone

Come mai questa delega?

«Molti cittadini, durante la campagna elettorale, si sono rivolti al candidato sindaco Andrea Furegato e a noi consiglieri per chiedere che qualcuno mettesse mano alla situazione delle lunghe liste d’attesa che si sono formate dopo la pandemia, perché collaborassimo con Ats e Asst perché ci siano risposte soddisfacenti ai bisogni di salute dei cittadini. È nata su richiesta della città. Ci siamo sentiti di lavorare su un tema che non è di diretta competenza del Comune, ma il sindaco è la massima autorità rispetto alla tutela dei cittadini e del proprio territorio. È proprio in funzione di questa sua responsabilità che si è pensato a questa delega, in modo tale che abbia degli strumenti sufficienti per tutelare la salute collettiva».

Da quando ha la delega?

«Dal luglio 2022. Da subito è stata una delega che ha creato forti aspettative rispetto alla popolazione, ma anche alle professioni sanitarie. Da luglio quasi quotidianamente, ancora oggi, il sindaco e io siamo coinvolti da richieste dei cittadini e da osservazioni dei sanitari locali rispetto alla situazione di difficoltà che attraversa l’ospedale di Lodi e soprattutto rispetto al tema delle liste d’attesa e i servizi che non sempre tutelano sufficientemente la salute di tutti. Ho incontrato tantissimi cittadini e cittadine e moltissimi professionisti della sanità, medici e infermieri, ho incontrato anche il presidente dell’ordine dei medici: è emerso un quadro di difficoltà. Siamo preoccupati per la situazione ospedaliera (la nostra attenzione è ovviamente sull’ospedale di Lodi) per la carenza del personale.In questi mesi il sindaco e io con lui abbiamo dialogato con la dirigenza Asst e il sindaco si è fatto promotore di queste questioni».

Quali progetti avete in campo?

«Ci interessa molto il tema della casa di comunità. Alcune delle 5 previste sono già partite negli altri territori, quella di Lodi partirà entro il 31 dicembre 2024, quindi abbiamo un tempo sufficiente per collaborare con l’Asst ».

Il luogo è stato individuato?

«Ancora stanno valutando: c’è un cambio di passo rispetto alla collocazione precedente. Siamo in attesa della definizione di una nuova collocazione per la definizione di una casa di comunità che sia in sintonia con i bisogni della città. Come Comune abbiamo promosso un convegno, in ottobre, con l’ottica di favorire una conoscenza, anzi una autoconoscenza, perché questa casa di comunità istituita con decreto ministeriale 77 del maggio 2022 è un po’ un’Araba fenice, una sconosciuta».

Avete organizzato un convegno partecipatissimo sulla casa di comunità...

«Abbiamo voluto proporre un convegno che fosse un momento di formazione per la città e il territorio. È stato un momento molto partecipato, nel quale abbiamo proposto all’Ats e all’Asst una collaborazione fattiva. Nel frattempo con l’assessora alla partecipazione Mariarosa Devecchi e l’assessora al welfare Simonetta Pozzoli stiamo lavorando per la definizione di una casa della comunità, in sintonia con alcune esperienze che sono partite a Trieste e che si stanno un po’ allargando in altri territori, proprio con l’idea che, come dice il decreto 77, la casa di comunità sia partecipata, dai Comuni e dal terzo settore, perché sia un ambito di presa in carico multifattoriale, multiprofessionale, dove la persona con una malattia soprattutto di carattere cronico sia presa in carico complessivamente, con un intervento di carattere sanitario, sociosanitario e anche sociale e in collaborazione con il terzo settore».

State facendo questo insieme all’Asst o in autonomia?

«Siamo in attesa che si definisca il percorso ufficiale per la casa di comunità di Lodi, stiamo facendo un lavoro parallelo di approfondimento per essere poi pronti ad una collaborazione fattiva».

Su cosa state lavorando ancora?

«Stiamo lavorando da quando ho avuto la delega con alcuni professionisti della sanità alla costruzione di un documento di conoscenza della situazione locale in ambito sanitario e socio sanitario. Abbiamo chiesto e fatto degli incontri con il direttore generale dell’Ats, il dottor Walter Bergamaschi, alla fine di dicembre, e nelle settimane scorse con il direttore generale dell’Asst, il dottor Salvatore Gioia, con il direttore socio sanitario e amministrativo e con il sindaco. Ci siamo confrontati e abbiamo chiesto anche a lora una serie di dati con lo scopo di definire un documento di conoscenza sulla sanità locale e nell’ambito socio sanitario».

State lavorando anche sul tema dei tumori...

«Sì, un ulteriore ambito di lavoro che dovrà partire, a breve (abbiamo già messo le basi, ma stiamo aspettando i dati) è su come affrontare il tema dei tumori. A fine 2002 è stata pubblicata una ricerca dell’università di Bologna, che individua la provincia di Lodi come quella con la più alta densità di morti per tumore legati all’inquinamento ambientale. Stiamo aspettando da Ats i dati riferiti al registro tumori Lodi-Pavia, per poter mettere insieme questi due livelli di conoscenza e non per creare allarmismo. Il nostro obiettivo non è dire: “Caspita siamo la provincia con il più alto numero di decessi”, ma è proprio quello di partire dall’analisi dei dati, lavorare insieme all’assessorato all’ecologia e con altri professionisti sul tema della prevenzione e dell’inquinamento atmosferico, ma anche fare un lavoro di carattere preventivo, sugli stili di vita, sull’alimentazione, sui percorsi di tutela delle persone anziane e di prevenzione in generale. Questo è un ambito di lavoro che, appena ci sono i dati, vorremmo definirlo, in un percorso, insieme agli altri consiglieri comunali e alla città».

Il registro tumori mi pare che si fosse interrotto

«Adesso non sono in grado di dirlo, aspettiamo l’ufficialità. Questi dati però sono importanti, ci interessa andare a vedere, attraverso i dati, le cause, per quanto compete a una amministrazione comunale, puntare sulla prevenzione e fare in modo che gli anziani che vivano soli non diventino malati cronici».

Altri punti all’ordine del giorno?

«Un ulteriore lavoro che è stato già impostato e che vedrà l’avvio a breve è la costituzione di un organismo di partecipazione che coinvolga i rappresentanti del sociale, del socio sanitario, del sanitario e dell’associazionismo locale. C’è una bozza di regolamento sulla partecipazione, curata dall’assessora Mariarosa Devecchi, che verrà discussa dalla giunta a breve. Una volta che la bozza sulla partecipazione cittadina verrà approvata, affronterà tutti i passaggi dovuti, commissione, consiglio comunale, la capigruppo e il regolamento sarà attivo, il nostro obiettivo sarà istituire un apposito organismo di partecipazione che coinvolga la città e i suoi rappresentanti, le persone e le organizzazioni che sono interessati a lavorare con noi su questo tema».

Rispetto al tema di Santa Chiara invece?

«Una questione sulla quale è attivo un lavoro, soprattutto del sindaco, è proprio la questione di Santa Chiara, della nostra Rsa, una situazione che ci preoccupa tantissimo. Il sindaco è in costante collegamento con la presidente del Cda, con la nuova direttrice, lo è stato anche con la precedente direttrice: c’è una preoccupazione altissima per quanto riguarda la situazione finanziaria ed economica, sia per la ricaduta della situazione sugli ospiti, che per la ricaduta sui lavoratori stessi.Da questo punto di vista c’è un continuo interessamento. Come consigliera delegata ho presentato insieme agli altri gruppi di maggioranza un ordine del giorno approvato all’unanimità che affronta il tema di Santa Chiara. Una delle proposte su cui si sta lavorando è la richiesta a Regione Lombardia e ad Anci, perché faccia pressione sulla Regione, per aumentare la quota sanitaria regionale a tutte le case di riposo, perché sono tutte nella stessa situazione. Oggi il contributo è intorno al 50 per cento della spesa sanitaria, ma noi sappiamo, i dati sono evidenti, che mentre prima le case di riposo accoglievano persone autosufficienti o parzialmente non autosufficienti, oggi il 99 per cento è gravemente non autosufficiente, con gravi problemi di salute. La spesa sanitaria è esplosa dentro le Rsa e il contributo non è mai stato adeguato in modo sufficiente. Stiamo lavorando perché Regione Lombardia adegui la quota per mettere in sicurezza tutte le case di riposo e per noi la casa di riposo Santa Chiara».

La storia che ti ha colpito di più in questi mesi tra quelle che hai incontrato?

«Le segnalazioni sull’isolamento in ospedale quando non si potevano visitare i parenti, poi la preoccupazione di non potersi curare perché la lista d’attesa era lunga e le segnalazioni sull’attesa in pronto soccorso.Proprio rispetto al pronto soccorso però sempre con il riconoscimento della qualità elevata dei professionisti, la loro fatica e volontà: c’è la consapevolezza che il pronto soccorso funzioni, ma sia oberato di lavoro».

I centri privati sono sorti numerosi nel nostro territorio in questi anni, c’è una disparità tra sanità pubblica e privata?

«Anche questo è segnalato molto dai cittadini: a fronte di non vedersi soddisfatta la visita in modo urgente, ci si rivolge ai centri privato che sono sorti numerosi in questo periodo. Si sta creando una sanità di serie A per chi ha la capacità di spesa e chi non ce l’ha e deve subire i tempi di attesa. In tanti sono venuti a dirci che stavano vivendo questa situazione drammatica, che non si sentivano presi in carico»

Mancano gli operatori sanitari...

«Questo è un altro tema che ci preoccupa, ma riguarda tutta Italia: è proprio la riduzione costante di medici e infermieri. A pesare il numero chiuso all’università da un lato e il fatto che non si riesca a colmare il gap tra dimissioni e nuovi ingressi. Ci preoccupa perché dal livello nazionale, poi il problema cala anche sul territorio. Per quanto riguarda i medici di medicina generale, mentre nella Bassa mancano ( tra poco uscirà un bando di Ats e speriamo ci siano un po’ di medici che fanno richiesta), a Lodi anche quest’anno la tenuta dei medici di medicina generale è garantita, ma è un tema che va monitorato e presidiato».

Il prossimo passo?

«Ci auguriamo che arrivino i dati Ats e Asst per lavorare su questo documento di programmazione sanitaria locale e che ci sia questo regolamento sulla partecipazione che ci consentirà di non essere soli, ma di lavorare insieme alla città sui temi della salute.Abbiamo chiesto i dati sulle prestazioni, li vogliamo incrociare con i dati anagrafici, considerando gli anziani che vivono soli; vogliamo provare a leggere la situazione di carattere sanitario, socio sanitario e sociale per fare uno step in più, rispetto alle competenze preventive, per valutare l’efficacia dei servizi prestati dall’amministrazione soprattutto alle persone più fragili»

Questi dati possono essere un punto di partenza anche per la casa di comunità...

«Certo. A noi piace chiamarla di più casa della comunità perché guardiamo con fiducia a esperienze partite da Trieste che tengono dentro anche l’aspetto della partecipazione dei sindaci e soprattutto del terzo settore e della cittadinanza, insomma, la casa di tutti: tutti ci prendiamo cura del nostro star bene».

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