Lodi-Pavia, bus da incubo

I pendolari sembrano fantasmi sul marciapiede di via Dante, con l’alba lattiginosa che lentamente si spande sulla strada umida delle sette meno un quarto di un qualsiasi martedì mattina.

Ticket in mano da 4 euro, “Lodi-Pavia”, appena comprato nella biglietteria-Calicantus dove una ventina di persone trovano riparo dal freddo pungente che morde le orecchie e si infila nelle ossa.

Arriva un torpedone blu marchio Star e quando l’autista scende saluta la gente in attesa sul marciapiede, con la complicità dei compagni di avventura o di sventura costretti ad alzarsi all’alba per andare a lavorare o a scuola.

Un ragazzo, Luca Raj, in coda per salire sul pullman delle 7 per Pavia, è studente universitario da pochi mesi, ma ha l’aria di chi la sa lunga: «Questo è tranquillo, si riempie solo dopo Sant’Angelo – spiega -. Il pullman peggiore è quello delle 7.20: non vale la pena di dormire venti minuti in più per ritrovarsi a dover salire lì sopra».

Ovviamente, allora, non resta che aspettare il famoso 7.20, per vedere di persona com’è la situazione ormai così nota a tutti i pendolari lodigiani che si muovono verso il capoluogo pavese. Effettivamente, non appena si accosta al marciapiede, tutti scattano verso il gigante blu con la scritta “Pavia”: chi si solleva dal muro cui era appoggiato, chi esce dal bar, chi arriva in corsa dalla rastrelliera delle biciclette, nel tentativo di accaparrarsi i posti a sedere in vista del “lungo” viaggio. Prima i più giovani, gli studenti, poi la gente di mezz’età, ormai abituata alla situazione.

In realtà, c’è posto per tutti, ma le fermate sono tante tra Lodi e la stazione di Pavia, e quasi tutti sanno a cosa vanno incontro.

Il pullman con sicurezza scivola nella nebbia, passa in viale Europa e prende per la strada provinciale 235, deviando poi per entrare al Codognino, alla Muzza di Cornegliano, quindi nel parcheggio accanto alla Bennet di Pieve Fissiraga: ad ogni fermata due, quattro, dieci persone salgono sul veicolo, e presto ci si ritrova in un’affollata carovana viaggiante.

A Sant’Angelo alcuni ragazzi delle superiori scendono per avviarsi verso la scuola, ma alla pensilina ci sono quindici persone pronte a sostituirli per fare compagnia a chi già si spinge verso il fondo del corridoio per trovare più spazio.

Dai vetri appannati si fatica a vedere il paesaggio, ma quasi nessuno si prende la briga di pulire la condensa, a nessuno interessa guardare fuori.

Ragazze eleganti sfoggiano borse di marca e chiacchierano della lezione universitaria che le aspetta, oppure, molto più spesso, raccontano serate mirabolanti e pomeriggi in biblioteca a Pavia; qualche studente più tranquillo dorme, tanti guardano lo smartphone messaggiando con qualcun altro che, prima delle otto del mattino, ha voglia di rispondere.

Pochi sono quelli che rispondono alle domande sulla situazione del trasporto interurbano, come se dessero per scontato che non ci siano alternative al 7.20 affollato, con i suoi cinquanta passeggeri seduti e una trentina ammassati in piedi nello spazio tra i sedili.

«A Pavia le lezioni iniziano alle 9, perciò non ci sono alternative al 7.20 con tutte le sue fermate – racconta Francesca Beccarini dalle parti di Copiano -. Ci sarebbe il diretto delle 8, ma c’è sempre traffico, e non arriva in tempo. Certo, la cosa migliore sarebbe un diretto che parta alle otto meno un quarto, ma a quanto pare non ci ha mai pensato nessuno».

Alice Boffi, che studia Relazioni internazionali all’Università di Pavia, parla della soluzione treno: «Molti ragazzi che conosco prendono il regionale per Rogoredo, quindi da lì scendono a Pavia. Si impiega meno tempo, circa 50 minuti, ma il prezzo è superiore: per il pullman sono 4 euro a tratta, mentre in treno sono 5,50. Anche l’abbonamento, di conseguenza, costa parecchio di più».

Parlando, si supera la tangenziale di Pavia, si entra in città e ormai, nel veicolo, la temperatura probabilmente supera i trenta gradi grazie al fiato di tutti i pendolari ammassati.

Qualcuno, nella calca, chiede a chi è vicino al pulsante di prenotare la fermata. Uno, due, tre stop e si arriva in centro, dove scende la maggior parte degli studenti, prendendo una boccata d’aria fresca a pieni polmoni dopo un viaggio durato un’ora e venti minuti. «Dopo un tragitto così, sono già stanco prima ancora di iniziare le lezioni», commenta Matteo Ceribelli, avviandosi verso la facoltà di Psicologia.

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