LODI «Ora c’è voglia di tornare a vivere»

Viaggio in bar e ristoranti nel primo giorno della zona gialla

Il popolo dei “forzati” del pranzo in ufficio non ha perso l’occasione di prendersi un’ora fuori dal luogo di lavoro. Per raggiungere il ristorante preferito, sedersi a tavola e godersi ogni istante di ciò che oggi non sembra quasi più la normalità.Tornano a popolarsi i ristoranti della città del Barbarossa nel primo giorno di zona gialla, tra speranza dei ristoratori - perché l’apertura di ieri, seppure fino alle 18, non sia solo una parentesi - e fiducia dei clienti, che hanno superato i timori per tornare a sedersi a tavola.

«Quella di oggi potremmo definirla ristorazione di “necessità” - spiega Leonardo Meani, titolare dello storico ristorante Isola Caprera, da decenni un’istituzione in città Bassa -, quella di molti lavoratori che per lungo tempo non hanno avuto la possibilità di vivere il momento della pausa pranzo in tranquillità. Chi si trova tutto il giorno in giro per professione, per settimane non ha avuto altra scelta che un panino o un trancio di pizza in macchina al freddo. Per noi ristoranti è un modo per ricominciare, ma senza le serate, soprattutto del fine settimana, possiamo dire di lavorare al 30 per cento. È meglio di niente, certo, anche perché il periodo che abbiamo attraversato è stato devastante, dal punto di vista economico, psicologico, del morale. Dover lasciare dei dipendenti in cassa integrazione - conoscendo le difficoltà nell’erogazione - non è mai facile. Come categoria, ci siamo sentiti i più penalizzati: a mio avviso si poteva intervenire in modo diverso, lasciando la possibilità a chi ha ampi spazi di tenere aperto rispettando i protocolli Covid, concentrando i ristori su chi invece era obbligato a chiudere».

Aver tenuto aperto per l’asporto o il domicilio, secondo Enrico Piacente, titolare, insieme a Davide Tarenzi e Ivan Sabbioni, di Spazio Molino di via Selvagreca, è stato fondamentale per tenere il rapporto con i clienti. «Siamo rimasti aperti per questo motivo, per restare nella testa delle persone e nelle loro abitudini - spiega Piacente -, così come abbiamo investito per farci conoscere su questa porzione di territorio, quella della zona artigianale. E questa scelta sta pagando, perché non appena si è aperta la possibilità di venire a pranzo, i nostri clienti sono arrivati. Di sicuro c’è tanta voglia di tornare a vivere nelle persone e in noi di ricominciare in modo nuovo. Oggi dobbiamo ricominciare da zero di fatto e siamo prontissimi a farlo: anche con un servizio ridotto, solo a pranzo, ma fatto con continuità nel tempo».

Aria di normalità anche nella Vineria di corso Mazzini, dove incontriamo il titolare Ettore Dagradi. «I due giorni di zona gialla a gennaio non sono stati sufficienti a farci percepire il cambiamento, anche se la risposta della gente era stata immediata, come oggi del resto - spiega Dagradi -: a differenza del solito, qualcuno oggi ha anticipato gli orari del pranzo, segno che c’è un tentativo di sfruttare anche altri orari. Ci vuole sicuramente un po’ di tempo però per tornare alle abitudini di presenza: il timore di tanti è che si torni a una nuova chiusura a breve. A maggio ci siamo adeguati alle norme con investimenti importanti, norme che tutti abbiamo applicato, anche se ci hanno chiuso lo stesso poi. Ma i ristoranti sono tra i luoghi più sicuri: la temperatura viene misurata a tutti, entra un numero specifico di persone, ci sono sanificatori ovunque e noi diamo anche un sacchettino per riporre la mascherina. Forse è stato più facile intervenire chiudendo bar e ristoranti piuttosto che fare controlli a tappetto e verificare le condizioni di sicurezza».

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