LODI Ferrabini, raffica di contenziosi per l’impresa che è svanita nel nulla

Il titolare della ditta siciliana Cospin coinvolto anche in una indagine sui “Durc” falsificati

Rimane ancora un “giallo” il motivo per il quale i lavori di riqualificazione e restyling della piscina Concardi di via Ferrabini appaiono fermi dal mese di luglio, quando era stata gettata la soletta per definire il nuovo volume della vasca, resa molto meno profonda rispetto ai cinque metri originari. Ieri all’impresa Cospin di Catania, che si era aggiudicata l’appalto ormai un anno fa con un ribasso del 26,73 per cento, non è stato possibile parlare con il responsabile.

Il primo ritardo, con la consegna del cantiere solamente a fine marzo, era stato dovuto a un ricorso amministrativo presentato dalla ditta seconda classificata, la Barone Costruzioni della provincia de L’Aquila, per contestazioni sul conteggio dei decimali di ribasso. Il Tar aveva dato ragione al Broletto e così l’aggiudicazione dell’appalto da 1,3 milioni di euro, cui si erano interessate 173 aziende, era stata confermata. Ora in Broletto c’è già chi ritiene che la Cospin possa essere considerata «inadempiente» nell’esecuzione dei lavori, ma prima che questa opinione si possa eventualmente trasformare in una contestazione formale mancano ancora alcuni passaggi. I lavori, da contratto, dovevano durare cinque mesi, e tutti si aspettavano che a settembre dovessero mancare solo gli ultimi ritocchi. La Cospin, anche se è una Srl unipersonale che fa capo al catanese Antonio Pinzone, è una grossa impresa con appalti anche da Anas e da numerosi enti locali. Ed è sul mercato da molti anni. Ma nel mondo dell’edilizia pubblica la vita non è facile, soprattutto al Sud: solamente negli ultimi dieci anni Cospin è rimasta coinvolta, per iniziativa propria o di altri concorrenti, in 71 contenziosi di giustizia amministrativa, l’ultimo quello dell’appalto della piscina Ferrabini in cui ha avuto ragione.

Ma Pinzone risulta anche rinviato a giudizio assieme ad altre tre persone, lo scorso anno, dal Gip di Catania per un “giro” di certificati Durc falsi che negli anni passati sarebbero stati forniti a 18 imprese edili del Catanese da qualcuno che riusciva ad accedere abusivamente alla “Banca nazionale imprese”. Si tratta dei documenti unici di regolarità contributiva che sono indispensabili per partecipare a qualsiasi cantiere, a maggior ragione se pubblico. Una vecchia questione che gli indagati hanno deciso di chiarire in tribunale per potersi difendere e che nulla ha a che vedere con l’appalto della Ferrabini, che anche per il Tar ha i documenti in regola.

Pinzone quattro anni fa risultava aver avuto conversazioni anche con un presunto affiliato del clan Santapaola, in un’indagine della Finanza che però non gli contestava alcun illecito: l’imprenditore aveva poi chiarito che semplicemente erano amici d’infanzia. E attualmente è anche nel direttivo di Ance Catania. Resta da capire perché la sua ditta che ha superato mille sfide non faccia più lavorare i muratori alla Ferrabini da tre mesi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA