LODI «Caro nonnino che sei chiuso in casa di riposo... ti scrivo io» VIDEO

Scambio epistolare tra gli alunni di due classi di terza media della scuola Spezzaferri e gli anziani di Santa Chiara

“Caro anziano che sei chiuso in Rsa ti scrivo”. “Anch’io, caro ragazzo che sei davanti al muro nella tua camera”. “Com’è fare didattica a distanza?”. “Com’è, invece, per te, stare in casa di riposo senza vedere i tuoi parenti?”. I 22 ragazzi di due classi di terza media della scuola Spezzaferri a Lodi (dove insegnano le docenti di lettere Laura Tagliaferri, Laura Lombardi e Claudia Perversi) hanno preso la penna, e lasciato da parte per una volta il Pc, un bel foglio di carta, l’hanno impreziosito di disegni, fiori e decorazioni di ogni tipo e si sono raccontati. Gli anziani hanno fatto lo stesso. Il progetto di narrazione che cura, “Amici di penna”, è nato da un evento drammatico: il lutto di una professoressa che ha perso la mamma, giovane, in una casa di riposo, senza poterla salutare da vicino. Di fronte ai ragazzini che si trovavano anche loro chiusi in casa con i loro problemi, le docenti hanno pensato di proporre questo progetto alla casa di riposo, sfondando una porta aperta.

«Siamo stati colti di sorpresa - spiega l’educatrice della casa di riposo Eleonora Gaffuri, insieme alla responsabile del servizio Simona Sarchi, alla direttrice Maria Rosa Bruno e alla presidente Giovanna Invernizzi -. Gli anziani , però, hanno reagito bene e hanno scelto di intraprendere questo viaggio intimo. Agli anziani è servito per recuperare i ricordi personali più profondi». «Ho letto un bel libro - spiega Lombardi -: “Bisogna dare, nel momento cui si ha più bisogno”. Questo concetto è servito ai ragazzi. Abbiamo detto: “Voi siete chiusi in casa, pensate cosa significa questo per gli anziani nelle Rsa”. Da lì il fiume di emozioni scaturito dalle lettere è stato lunghissimo. I ragazzi si sono lasciati andare anche a raccontare della perdita dei loro nonni. Gli anziani avevano paura a chiedere per non far soffrire di più».

Il valore aggiunto per i ragazzi, sempre proiettati sul qui ed ora, riflettono le docenti, sta anche «nell’imparare, invece, a riconsiderare il concetto del tempo e del futuro, a trovare uno spiraglio anche nel dolore». Sia gli uni che gli altri hanno chiesto: ”Ma poi ci potremo incontrare davvero?”. «Questo - è stata la risposta - potrebbe essere un passo, in più, importante per tutti».

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