L’EDITORIALE I problemi della sanità e il silenzio del Lodigiano

Il punto del direttore del «Cittadino» Lorenzo Rinaldi

La firma dei decreti di nomina degli assessori e l’insediamento del consiglio comunale, in settimana, hanno chiuso la fase post voto a Lodi. Ora la giunta è pienamente operativa e il nuovo sindaco Furegato può iniziare ad amministrare. Le aspettative della cittadinanza sono molto alte, esattamente come cinque anni fa.

1) Comunicando i perimetri operativi degli assessori, il sindaco ha anche annunciato l’assegnazione di alcune particolari deleghe a singoli consiglieri comunali. Interessante è la delega conferita a Silvana Cesani di Lodi Comune Solidale, già assessore ai servizi sociali durante le amministrazioni Guerini e Uggetti. Ora si dovrà occupare di sanità e medicina territoriale. Due temi di estrema attualità per i problemi aperti nella sanità lodigiana e perché nei prossimi mesi dovrebbe trovare concreta applicazione la riforma sanitaria regionale voluta da Letizia Moratti (Case di comunità, Ospedali di comunità e molto altro) sulla quale i territori dovranno vigilare senza fare sconti. Restiamo in attesa di capire come verrà esercitata tale delega e quale sarà il ruolo della consigliera comunale Cesani, tenuto conto che le grandi partite della sanità territoriale dovranno necessariamente essere giocate dal sindaco Furegato in prima persona, per far pesare il ruolo nei consessi regionali e nei confronti dei manager pro tempore che la Regione invia nei territori per amministrare gli ospedali e la medicina di base.

2) La crescita esponenziale della sanità privata nel Lodigiano registrata negli ultimi anni e che pare aver subito una nuova accelerata dopo il Covid è il segno evidente delle carenze della sanità pubblica. Una parte significativa dell’offerta privata si esprime nella diagnostica più che nella cura, offrendo dunque servizi di base come esami e visite di controllo. Se è pur vero che l’odierno sistema delle assicurazioni (sovente pagate dalle aziende presso cui i cittadini lavorano) facilita il ricorso al privato, è altrettanto evidente che cliniche e ambulatori con servizi a pagamento intercettano una parte di domanda che non viene soddisfatta dal pubblico a causa dei tempi troppo lunghi.

3) Il problema delle liste d’attesa per gli esami è cronico nel Lodigiano e il Covid, con il conseguente rallentamento dell’attività ordinaria per alcuni mesi, ha aggravato la situazione. Tanto che la Regione ha indicato la necessità di effettuare esami serali e nei giorni festivi per tagliare le code. Alla risonanza magnetica, i cui esami extra già si effettuavano, si è aggiunta la Tac. A metà giugno poi la Asst della Provincia di Lodi ha annunciato una convenzione con la Asst di Cremona per smaltire le liste d’attesa in Senologia per quanto concerne esami clinici al seno e mammografie.

4) In ambito ospedaliero si segnalano turn over e passaggi in altri ospedali, negli ultimi anni, di un numero consistente di medici. Non abbiamo dati per certificare che il numero di dottori che ha lasciato la Asst di Lodi è relativamente superiore rispetto a quanto avviene in altre Asst, certo è che parlando con gli addetti ai lavori il problema viene evidenziato. Lo stesso Matteo Passamonti della Asst di Cremona, uno dei medici che dovrebbe aiutare Lodi a tagliare le liste d’attesa in Senologia, lavorava all’ospedale Maggiore.

5) Altro aspetto da affrontare al più presto riguarda il numero di ospedali lodigiani e la loro effettiva funzionalità. Possiamo dare per definitiva la chiusura della Ostetricia di Codogno e dunque chiarire definitivamente che in provincia di Lodi si nascerà solo all’ospedale Maggiore di Lodi? Ad oggi i fatti vanno in questa direzione, eppure nessuno, né sul fronte politico né tra i manager e i medici, si è assunto la responsabilità di dirlo ai cittadini. E sarebbe interessante conoscere i dati: quante partorienti della Bassa hanno optato per Piacenza e Cremona a seguito della chiusura di Codogno? Non vogliamo in questa sede mettere in dubbio le scelte strategiche ma è doveroso esigere chiarezza. Almeno questo ci sia concesso.

6) Così come non è più rinviabile un serio ragionamento sull’ospedale di Lodi. Cremona, Piacenza e Bergamo hanno costruito o lo stanno facendo moderni ospedali dotati di viabilità adeguata. L’ospedale Maggiore di Lodi è vecchio e collocato in una posizione pessima sul fronte viabilistico. Ogni nuovo intervento strutturale rischia di limitarsi a mettere una “costosa” pezza. E negli anni a venire sarà sempre più problematico spostare reparti e aprire cantieri. Ce ne siamo accorti durante il Covid. Perché nessuno in questi anni nel Lodigiano ha iniziato almeno a porre la questione? Sappiamo che anche nella maggioranza che sostiene Furegato vi sono sensibilità contrarie all’idea di realizzare un nuovo e moderno ospedale a Lodi, fuori dal centro abitato. Ce lo hanno anche scritto nelle lettere al direttore. Tuttavia, se l’orientamento è quello di centralizzare sempre più i servizi d’urgenza sul Maggiore, allora occorre essere realisti e dire ai cittadini che i problemi strutturali e di spazio sono impossibili da risolvere perché materialmente mancano superfici per ampliarsi. Si tengano l’ospedale così com’è.

7) I problemi della sanità lodigiana non riguardano unicamente gli ospedali. La rete dei medici di base è a serio rischio, complice i pensionamenti in atto e quelli che arriveranno nel prossimo futuro senza un adeguato inserimento di nuovi professionisti. E così già oggi ci ritroviamo con paesi senza medico di famiglia, con città come Sant’Angelo Lodigiano (13mila abitanti) nelle quali è necessario richiamare in servizio un pediatra in pensione e con sindaci, come quello di Guardamiglio, che devono fare il diavolo a quattro per farsi ascoltare dai vertici della sanità. Per fortuna ci sono i giornali per denunciare quanto non funziona! La sensazione è che sul fronte della medicina territoriale la politica che conta e che può decidere (non certo i poveri sindaci dei paesini) ancora non abbia compreso a pieno la gravità della situazione che toccano con mano migliaia di cittadini ogni giorno.

8) Fin qui abbiamo proposto un succinto elenco delle cose che non funzionano o che potrebbero essere migliorate. Ma c’è spazio anche per la proposta, partendo da una considerazione: negli scorsi anni il Lodigiano non è stato in grado di farsi ascoltare con una voce unica e forte presso i vertici locali e lombardi della sanità. Non abbiamo mai registrato una presa di posizione unitaria - anche aspra se necessario - da parte di tutti i 60 sindaci della provincia di Lodi uniti ai consiglieri regionali. Perché?

E se un territorio piccolo e politicamente poco rilevante come il Lodigiano non parla con una sola autorevole voce come possiamo pensare di essere ascoltati in Regione? I problemi di Milano, Bergamo, Brescia, Varese, Cremona, Mantova, Pavia arriveranno sempre prima dei nostri. Prendiamone atto e corriamo ai ripari.

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