Le terapie anti Covid domiciliari prescritte dai medici di famiglia

I dottori di base possono anche firmare ricette a favore dei soggetti deboli che non possono vaccinarsi

Terapie anti Covid a casa per impedire il ricovero in ospedale, dal primo di giugno prescritte anche dai medici di famiglia. E farmaci per proteggere chi ha il sistema immunitario compromesso e non risponde al vaccino. Sono le due grandi novità, annunciate dall’infettivologo Angelo Regazzetti, primario di malattie infettive all’ospedale di Sant’Angelo. «L’epidemia sta ancora galoppando -spiega Regazzetti - ; Omicron ha la metà di aggressività di Delta, quindi la mortalità è dimezzata, ma il problema è la contagiosità. Quando il virus si diffonde in maniera così massiva colpisce fragili e anziani portando a un incremento della mortalità assoluta. I dati dicono che gli ultra 80enni sono quelli che muoiono di Covid». Adesso però, annuncia il medico «abbiamo terapie che possiamo proporre. Aifa ha esteso il farmaco antivirale agli ultra 65enni dopo i primi sintomi. Dal primo giugno, - spiega - anche i medici di medicina generale possono prescriverlo, prima si poteva fare solo in ospedale. Il farmaco è il Paxlovid che è una combinazione di Nirmatrelvir e Ritonavir». L’antivirale impedisce al virus di replicarsi e al paziente di aggravarsi, finendo in ospedale. «Il Paxlovid è efficace in 9 casi su 10. I pazienti trattati hanno un rischio di ospedalizzazione -spiega il medico - ridotto di circa 9 volte». L’equipe del Delmati ha incontrato anche i medici di famiglia per parlare di queste terapie. «L’unico problema di questo medicinale è l’interazione con le altre medicine già assunte. Esistono però diversi siti scientifici che si possono consultare per la somministrazione in sicurezza». Un altro farmaco che è utile promuovere e prescrivere, dice Regazzetti, è l’Evusheld che è l’associazione di due anticorpi monoclonali, il Cilgavimab e il Tixagevimab: servono a proteggere i pazienti come i malati oncologici attivi che non rispondono al vaccino. Fornisce una buona protezione ai pazienti con il sistema immunitario depresso, ai soggetti anziani e malati esposti al rischio di una infezione severa». Regazzetti è consapevole: «È in atto - dice - un meccanismo di rimozione di questo tema, nei laici e nei sanitari, ma dobbiamo cercare di contenere i danni».

© RIPRODUZIONE RISERVATA