La folle fuga di 50 chilometri sull’Autosole: il barista in tribunale a Lodi ora chiede scusa

Cinquantenne milanese patteggia 14 mesi e torna libero: “Per me era un periodo difficile”

«Chiedo scusa a tutti, era un momento della mia vita un po’ difficile»: così ieri in tribunale a Lodi C.R., barista 50enne milanese, ha voluto rilasciare dichiarazioni spontanee nell’udienza di merito della direttissima, per convincere il giudice che la sua corsa spericolata della notte del 29 settembre, per 50 chilometri sull’A1 su un’Audi Q7 abbattendo anche una sbarra della barriera di Melegnano, è stato un gesto che non si ripeterà più. A difenderlo, il barista di origini calabresi ha chiamato un noto avvocato di Milano. Loris Panfili, che ha concordato con la Procura una pena di un anno e due mesi di reclusione, con sospensione condizionale.

La contestazione, in questa udienza, è stata di resistenza a pubblico ufficiale. Perché la corsa - terminata con lo schianto contro un furgone all’altezza di Ospedaletto - risulta cominciata a Milano, in corso 22 Marzo, dove alle 5 del mattino un’auto della polizia aveva intimato l’alt al suv, sul quale c’era come passeggera una giovane di 27 anni. C.R., al volante, si sarebbe diretto subito verso la periferia, immettendosi nella tangenziale est, mentre alle sue spalle alle volanti si aggiungevano le pattuglie dei vari comandi della polizia stradale competenti sulla tratta. Dato il traffico ancora scarso a quell’ora, alla sottosezione della polizia stradale di Guardamiglio avevano deciso che l’unico modo di fermare il bestione da due tonnellate che viaggiava sul filo dei 200 all’ora era di bloccare l’A1.

Il “tappo”, organizzato proprio a Ospedaletto, ha funzionato, anche se l’Audi non si è fermata per tempo e a bordo del furgone tamponato c’erano due ignari operai di 46 anni, che hanno subito lesioni significative. Di queste lesioni colpose, ma anche del danneggiamento della barriera in A1 e del rifiuto di essersi sottoposto a test per accertare l’eventuale presenza di cocaina nel sangue, l’uomo potrebbe essere chiamato a rispondere nei prossimi mesi. A fronte delle denunce infatti l’imprenditore e il suo difensore hanno preferito lo stralcio in un diverso procedimento penale, a piede libero. C.R., era finito sui giornali qualche giorno prima perché la questura di Milano aveva chiuso per alcuni giorni il suo chiringuito di piazza Risorgimento per la presenza di pregiudicati tra gli avventori. Messo ai domiciliari dopo la corsa, ora è tornato libero.

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