IL COMMENTO - Il Lodigiano, il Sudmilano e i tentacoli delle mafie

L’editoriale del direttore de «il Cittadino» Lorenzo Rinaldi

L’allarme risuona da tempo. E anche i documenti ufficiali denunciano che, con l’approssimarsi dei grandi investimenti legati al Pnrr, il rischio di infiltrazioni criminali in Lombardia, anche nei piccoli comuni, è molto elevato. Soprattutto perché, come ben chiarisce la Direzione investigativa antimafia, la presenza in Lombardia di famiglie malavitose, ’ndrangheta in testa, è purtroppo assai radicata. Tracce se ne trovano, e molte, nella “Relazione del ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia” per il primo semestre 2021, disponibile da pochi giorni. “La città metropolitana di Milano - si legge - continua ad essere caratterizzata dalla marcata presenza di diverse forme di criminalità organizzata nazionale e straniera che si manifestano attraverso attività illecite tradizionali quali estorsioni, usura, stupefacenti, sfruttamento della prostituzione (...) nonché reati fiscali, infiltrazione negli appalti, riciclaggio, reati ambientali, corruzione”. La Dia certifica però che anche l’apparentemente placido Lodigiano non è al sicuro. “Le province di Pavia e Lodi - recita la Relazione del ministro al Parlamento - risentono sempre più della migrazione di soggetti giunti nel capoluogo negli scorsi decenni e che privilegiano città periferiche ritenute più idonee ad una gestione defilata delle proprie attività. Tuttavia indagini condotte da organi investigativi calabresi sia nel 2016 sia nel primo semestre 2020 hanno evidenziato in provincia di Pavia la presenza di cellule criminali collegate rispettivamente alla locale di Laureana di Borrello (Reggio Calabria) e - anche in provincia di Lodi - alla cosca Alvaro di Sinopoli (Reggio Calabria). Sotto il profilo dei reati-scopo si conferma la tendenza alla consumazione di reati di tipo tributario quali: fatture per operazioni inesistenti, false compensazioni di crediti tributari realizzati attraverso società in alcuni casi appositamente costituite”.

Se consideriamo che la sola città di Lodi (un piccolo capoluogo di 44mila abitanti) è chiamata a gestire - ora e nei prossimi anni - 4,5 milioni di euro del Piano Marshall regionale per opere infrastrutturali e ben 18 milioni di fondi Pnrr per la realizzazione del nuovo polo museale all’ex Linificio, si comprende come il potenziale rischio di infiltrazioni nella fase di realizzazione dei cantieri sia estremamente elevato. E dunque è necessario che il territorio rafforzi gli anticorpi: per farlo occorre parlare dei pericoli potenziali, fare in modo che questo argomento diventi oggetto del pubblico dibattito, approfittando del periodo elettorale nel quale l’attenzione dell’opinione pubblica è più elevata.

Sottovalutare (o trascurare) il pericolo non ci metterà al riparo perché, come ha opportunamente segnalato il questore di Milano Giuseppe Petronzi (citato nella Relazione del ministro) «ormai il legame identitario tra i fenomeni criminali e l’economia nel Nord Italia è così forte da poter affermare che il concetto di “mafia imprenditrice” ha preso il sopravvento su qualsiasi visione militare di penetrazione del territorio». “Mafia imprenditrice” dunque, pronta a fare affari grazie ai soldi del Pnrr: un quadro che la Dia tratteggia da tempo, prevedendo il “probabile diffondersi di fenomeni corruttivi” e il “rischio di infiltrazione da parte delle organizzazioni criminali mediante il tentativo di accaparramento delle commesse pubbliche ovvero con la gestione diretta o indiretta di imprese operanti in settori economici più attrattivi o maggiormente esposte al rischio di default a causa della pandemia”.

Quanto ai settori che secondo la Direzione investigativa antimafia risultano più esposti al rischio infiltrazioni, spiccano “il comparto dei presidi medico-sanitari, al quale si aggiungono i settori ecologico, immobiliare, edile, dei servizi di pulizia, tessile, turistico, della ristorazione e della vendita di prodotti alimentari, sei servizi funerari e dei trasporti, verso i quali - si legge ancora nella Relazione del ministro dell’Interno - occorre concentrare l’azione investigativa”.

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