DROGA C’erano dei “boss” dietro lo spaccio nei parchi pubblici di Lodi

La squadra mobile risale al livello superiore dietro ai gambiani che vendevano erba ai ragazzini

Giravano troppi soldi e troppa droga perché lo spaccio tra i giardini Barbarossa e il parco di via Fascetti a Lodi fosse solo un “gioco” messo in piedi da una banda di profughi gambiani per sopravvivere. Questo era il sospetto dei poliziotti della Mobile di Lodi guidati dal vicequestore Alessandro Battista, che nel dicembre scorso con l’operazione “clean parks” avevano dato un ulteriore giro di vite al mercato della marijuana a cielo aperto cui si approvvigionavano decine di studenti delle scuole superiori. Uno dei personaggi collegati a quell’indagine era stato trovato in possesso di un chilogrammo di stupefacente e si era poi scoperto che all’Isola Carolina piuttosto che alla stazione ferroviaria di Lodi avvenivano incontri con altri africani che tradivano disponibilità sospette di denaro. Alcuni di questi, si è poi scoperto, erano collegati allo sfruttamento della prostituzione.

L’inchiesta era nata dalla denuncia di due giovani ex meretrici che avevano trovato il coraggio di rivolgersi alle forze dell’ordine e avevano spiegato il “sistema” del reclutamento e dello sfruttamento, con personaggi che facevano da “ponte” tra i nigeriani in Italia e i quartieri di origine delle vittime, in gradi di controllare i loro spostamenti fini alla Libia, e da qui con i barconi in Italia. Una volta che le donne finivano nei centri di accoglienza per richiedenti asilo, all’esterno c’era un personaggio legato all’organizzazione che le aspettava e le portava fino alla destinazione finale. Non è chiaro il momento in cui alla promessa iniziale di un lavoro onesto e dignitoso in Italia si sostituiva la consapevolezza che il futuro di ricchezza e benessere sarebbe stato al freddo su una piazzola della strada provinciale Binasca ad aspettare camionisti stranieri e pensionati. Ma per tutte, almeno cinque le vittime identificate ma si sospetta potessero essere anche il doppio, era un viaggio senza ritorno, con il costante terrore che tradire l’organizzazione avrebbe portato malefici, se non anche vendette sulle famiglie di origine.

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