«Città in silenzio e poi i colpi d’artiglieria»: dal reporter di Lodi il racconto dei colleghi

Daniele Bellocchio ha descritto le battaglie in Nagorno nel 2020, ora è tornato dal Congo: «Il sangue non diventa acqua e i morti ci sono già»

«I colleghi che sono in Donbass e che ho sentito anche stanotte, raccontavano di città perse nel silenzio tombale e che stamattina si sono svegliate con colpi di artiglieria anche pesante. Nessuno pensava la situazione precipitasse in questo modo». Daniele Bellocchio è rientrato da una decina di giorni dal Congo. Trentadue anni, nato a Lodi, ha raccontato i teatri più caldi del mondo e mentre ultima il reportage dal Paese africano, con le antenne è sulla polveriera ucraina. In contatto con l’amico giornalista Roberto Travan de «La Stampa», che con lui ha raccontato i 44 giorni di guerra tra Azerbaijan e Nagorno Karabak nel 2020. Bellocchio la penna e Travan l’occhio fotografico. «I bombardamenti ricordano l’aggressione del 2020 a Stepanaker», capitale della repubblica secessionista del Nagorno bombardata dalle forze azere. Stessa la tensione nell’aria. «Fino a poche ore prima dell’attacco, ad Avdïïvka a 6 km dal fronte c’erano tensione, allerta, paura, la notte come “vigilia” di quello che è successo» prosegue il free lance riportando il clima che la sera del 23 febbraio ha preceduto l’ingresso dei tank russi nelle oblasts ucraine. «È stato imposto il blocco aereo su tutta l’Ucraina e sto vedendo gli accessi. Sul lato ucraino c’è già una buona copertura mediatica, per cui sto guardando anche i Paesi intorno: la Lituania, che ha già dichiarato lo stato di emergenza, e la Moldavia con la Transnistria, che è un’enclave filorussa sulla striscia di confine, perché la situazione potrebbe allargarsi infettando gli altri Paesi».

Testimoniare sul campo ciò che sta accadendo. Vedere per raccontare. L’igiene dell’informazione, ragiona il cronista, è ora più che mai un atto necessario: «Di sicuro quello che sta accadendo va raccontato e il ruolo della stampa può essere salvifico se l’informazione è onesta e leale». Altra cosa l’analisi dei fatti, che la Storia ha contraddetto. «Questa aggressione ha sorpreso tutti, trattazioni e ritrattazioni s’infrangono sull’arte muraria degli eventi – osserva -. Nonostante i toni esasperati, le poste in gioco sembravano favorevoli a entrambe le parti e nessuno ipotizzava che la Russia attaccasse. Il punto è come può l’Occidente, al di là delle sanzioni, rimanere inerte di fronte alla violazione di uno dei principi cardine quale l’inviolabilità dei confini nazionali. O l’operazione rientra nel breve tempo o ci sarà un’escalation e in 8 anni l’esercito dell’Ucraina si è molto rafforzato. Il sangue non diventa acqua e i morti ci sono già». Ma soprattutto le mosse di Putin appaiono oggi minuziosamente preventivate: «In Russia non giocano a poker, ma a scacchi – conclude Bellocchio -. Putin ha fatto scacco, bisogna vedere se è “matto” o se c’è ancora un cuneo di diplomazia per finire questa partita in modo incruento ed evitare un bagno di sangue».n

© RIPRODUZIONE RISERVATA