Al Festival del giornalismo il caso del «Cittadino»

Lorenzo Rinaldi a “Glocal 2000” ha illustrato come il più piccolo dei quotidiani lombardi ha affrontato i drammatici momenti dell’allerta Covid a Codogno

La sera del 20 febbraio è stampata nella mente del direttore e di tutti coloro che c’erano. Perché «per il più piccolo dei giornali locali lombardi, dare quella notizia, come primi in Italia, è stata un’enorme responsabilità, che ci ha fatto tremare i polsi». È stato il direttore de «Il Cittadino» Lorenzo Rinaldi, ospite sabato a “Glocal 2020”, Festival italiano del giornalismo digitale organizzato a Varese, a spiegare com’è cambiata l’informazione ai tempi del Covid, dalla zona rossa in poi.

In una tavola rotonda incentrata su “Raccontare il Covid tra cronaca, privacy e deontologia”, a cui hanno preso parte Marco Bencivenga, direttore del quotidiano «La Provincia di Cremona», Alessandro Galimberti, firma del “Sole 24 ore” e presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia e ancora Isaia Invernizzi de «ilPost.it», Tomaso Bassani di Varesenews e Paolo Pozzi, portavoce del presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Al direttore Rinaldi - «il più giovane direttore di un quotidiano lombardo, peraltro in carica da poco più di 50 giorni quando è scattata l’emergenza» - Galimberti ha affidato il compito di raccontare il dietro le quinte della genesi dell’emergenza nell’occhio del ciclone.

«Ho ancora in mente la sera del 20 febbraio - ha ripercorso Rinaldi - quando mentre facevo la prima pagina, ho sentito la nostra giornalista Cristina Vercellone prima al telefono poi correre da me dicendo che aveva ricevuto una soffiata dall’ospedale di Codogno che la allertava che era stato attivato il protocollo Covid per un paziente, ovvero Maestri, che sarebbe poi salito agli onori delle cronache. Per una redazione come la nostra, composta da venti redattori scarsi, in un territorio non ampio che arriva a lambire Milano, era un’enorme responsabilità. Ci siamo subito fermati tutti e rimessi al lavoro. Non c’era nessun tipo di fonte ufficiale a cui attingere in quel momento e ci siamo chiesti come dare la notizia. Alla fine abbiamo raccontato, come sempre, quel che stava accadendo. Ovvero che era scattata l’allerta Covid a Codogno». La conferma istituzionale sarebbe arrivata solo nella notte dalla Regione, con il lancio di «Lombardia notizie», quando «Il Cittadino» era già in stampa, con la notizia in prima pagina. «A Casale e Codogno eravamo gli unici ad avere la notizia in locandina e questo perché ci siamo fidati della fonte e della nostra giornalista, che è molto brava», ha raccontato Rinaldi. «Da quel momento siamo stati letteralmente travolti, anche dal punto di vista umano: nei primi giorni credo che nessuno di noi sia andato a casa prima delle 2. Ci siamo trovati al centro del mondo e per noi è stata una grande sfida. Io sono davvero orgoglioso dei miei giornalisti e dei miei collaboratori, che hanno lavorato con grande rigore e passione. E credo anche che il tema Covid abbia fatto riemergere l’importanza del giornalismo locale e del lavoro di ricerca». A partire dai dati dei contagi comune per comune e delle vittime; numeri che, come ha ricordato il direttore, «i nostri giornalisti sono riusciti a recuperare, soprattutto in quel periodo, solo grazie a canali informali attivati, perché Ats Città Metropolitana in cui è confluito il Lodigiano, non forniva dati di questo tipo. Ecco credo che l’accesso ai dati sia un problema serio perché è questione che tocca la democrazia: Ats e le istituzioni pubbliche hanno il dovere di diffondere i dati». A confermare le centralità dei giornali locali in tempo di emergenza, anche i dati sulle vendite forniti dal presidente Galimberti, segnale «della notevole riscossa della cronaca locale rispetto ad altri media».

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