«Per ricordare le vittime del Covid
occorre chiedere verità e giustizia»

L’intervento del consigliere comunale di Lodi Stefano Caserini

Gentile Direttore, volevo condividere con i lettori de «Il Cittadino» l’intervento che ho tenuto in Consiglio comunale per la commemorazione delle vittime dell’epidemia COVID-19.

La commemorazione di così tante vittime è difficile, perché ci sarebbero tante cose da dire, persone da ricordare e da ringraziare. Non ripeterò i ringraziamenti già espressi da altri Consiglieri, al personale medico e paramedico o ai tanti che si sono prodigati per il prossimo. Esprimo la vicinanza mia e del mio gruppo politico a tutti i familiari delle persone scomparse.

I numeri delle persone che siamo qui a commemorare sono impressionanti, nei primi 5 mesi dell’anno sono morte 200 persone in più rispetto alla media degli altri anni. Dietro a questi numeri ci sono persone, storie, progetti di vita interrotti, e tanto dolore. Dietro ai numeri ci sono i volti e le storie di chi è stato vittima di questa strage, chi ci è vicino e conoscevamo meglio, chi non conoscevamo ma era parte della storia di altri. E che con questa commemorazione vogliamo fare parte della nostra storia.

Siamo nell’aula consiliare, il luogo del confronto politico, non a casa nostra o in Chiesa (per chi è osservante), per cui è importante dire qualcosa anche sulle ragioni che ci hanno portato qui oggi con le mascherine e gli schermi in plexiglass a fare questa commemorazione.

È importante chiederci se, come è già stato detto e scritto, se il modello di sanità Lombardo sia un modello che strutturalmente non può essere in grado di affrontare un’emergenza di sanità pubblica, emergenza che richiede un efficace sistema di sorveglianza sanitaria, un coinvolgimento attivo della popolazione, uno ruolo centrale della medicina preventiva e dei servizi territoriali.

Penso che molti di voi hanno letto le pesantissime critiche dell’Ordine dei medici chirurgici e odontoiatrici della Lombardia ai vertici della sanità lombarda.

Vi leggo alcuni brevi brani di un testo scritto un medico:

“Quanto è successo in Lombardia segna il fallimento di un modello di sanità centrato sulla sussidiarietà tra pubblico e privato accreditato. Un privato che raccoglie il 40% della spesa sanitaria pubblica ma che può scegliere in quali settori investire: alta chirurgia, cardiologia, malattie croniche; e quali settori ignorare: pronto soccorsi, dipartimento d’emergenza, per non parlare della prevenzione, vista come una pericolosa concorrente che sottrae loro malati produttori di profitti. Invece più c’è prevenzione, più si potenziano le strutture territoriali, più diminuiscono i malati, più diminuisce la spesa pubblica e più la collettività risparmia.

…La prima linea è stata abbandonata a sè stessa e travolta. Da dicembre i medici di medicina generale segnalavano un aumento di polmoniti interstiziali, ma il virus ha potuto diffondersi indisturbato; i medici di base sono stati completamente abbandonati a sé stessi senza alcun dispositivo di protezione e senza alcuna formazione; i presidi di prevenzione sono ormai poco più che una sigla, privi di risorse e di personale, compresi quelli della medicina del lavoro, gli ambulatori specialistici sono stati sacrificati in una logica ospedalocentrica; l’epidemiologia è una scienza sconosciuta, l’uso del tampone sembrava più finalizzato a non individuare nuovi casi, piuttosto che ad identificare i contatti delle persone infettate nel tentativo di circoscrivere il percorso del virus.

…Quello che sta accadendo in Lombardia è un segnale d’allarme che va ben oltre i confini regionali e oltre la pandemia da Covid-19 che certamente non sarà l’ultima epidemia della nostra epoca. È necessario lottare per un servizio sanitario nazionale pubblico, gratuito, sostenuto dalla fiscalità generale, capace di intervenire con efficacia non solo nella cura, ma soprattutto prima che gli esseri umani si ammalino”.

Ecco, come consigliere comunale ritengo che per commemorare veramente chi è stato sconfitto dal Coronavirus e ha perso la vita, ritengo sia necessario chiedere verità e giustizia, ed anche assunzione di responsabilità per quanto è successo, ed un cambio di passo, una svolta nella gestione della sanità lombarda, doverosa se non vogliamo ritrovarci a fare una nuova commemorazione.

Infine, sono tante le persone che andrebbero ricordate, che hanno dato un contributo al miglioramento della vita nella nostra città, e si contribuisce al benessere della città anche solo se si fa bene il proprio lavoro, con onestà e con un sorriso, come Luigi Engelmayer, che gestiva l’edicola alle Fanfani. Ricorderò solo tre persone che conoscevo personalmente e che hanno avuto un importante ruolo pubblico a Lodi.

Ricordo Paolo Motta, Presidente degli amici della Musica, che ho visto pochi mesi fa, nel Giorno della Memoria, presentare un bel concerto nell’Aula Magna del Liceo Verri, un concerto di qualità, di chi sa che la qualità della cultura non si misura solo col numero dei partecipanti

Vorrei ricordare Ambrogio Sfondrini, ex Direttore della Banca Popolare di Lodi, con cui era davvero piacevole scambiare due parole quando ci si incrociava, quasi sempre entrambi in bicicletta, ricordo ancora alcune sue battute salaci sulla politica lodigiana.

Infine, vorrei ricordare Giacomo De Stefani, che è stato prima di noi su questi banchi del Consigli comunale e per tanti anni responsabile della Stazione Centrale di Milano. Pochi lo sanno ma al suo aiuto e al suo lavoro di relazione e collegamento fra Enti dobbiamo il parcheggio delle biciclette di Via Trento Trieste e il primo protocollo d’intesa fra RFI e FIAB per l’abbonamento annuale per il traporto delle biciclette sui treni, nel lontano 2005.

A loro e a tanti altri che non ho purtroppo avuto tempo di commemorare, rivolgo un affettuoso saluto di ricordo.

Stefano Caserini, 110&Lodi

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