Martina, quando il lockdown è “verde”

La 27enne cresciuta tra Cerro e Melegnano lavora in un maneggio nella regione del Baden Wurttemberg

È partita per amore, è rimasta per lavoro e per passione. Martina Morando ha 27 anni ed è cresciuta tra Cerro al Lambro e Melegnano. Un anno fa ha lasciato il Sudmilano per la Germania, più precisamente per la regione di Baden Wurttemberg, nei pressi di Stoccarda. Oggi lavora in un maneggio, dove si occupa della nutrizione e dell’allenamento quotidiano di cavalli sportivi.

Martina, come mai hai scelto proprio la Germania?

«Vivo qui dal 27 giugno 2019. Sono partita dall’Italia principalmente per amore. Il mio compagno si sarebbe dovuto trasferire lì per lavoro e abbiamo preso questa decisione insieme».

A distanza di quasi un anno, rifaresti questa scelta?

«Ad oggi sono felice di aver fatto questa scelta perché vedo un futuro migliore qui. Nonostante il luogo comune secondo cui la Germania sia un paese inospitale con una popolazione estremamente “fredda”, io mi sono sempre trovata bene: persone cordiali e davvero corrette. Qui nella mia zona ci sono molti italiani, e sono perfettamente integrati. I tedeschi ci ringraziano per aver portato la nostra cultura culinaria!»

Hai vissuto il lockdown tedesco, come è stata trattata l’emergenza?

«Sicuramente non così seriamente come in Italia, nel senso che anche nel periodo di “Fase 1” italiano, noi qui non eravamo in stretta quarantena. La notizia del Covid-19 inizialmente non è stata accolta come una catastrofe, solo dopo alcune settimane hanno incominciato a dare delle regole, ma comunque non così estreme. Quando la percezione del pericolo è aumentata, la gente ha cominciato a prendere d’assalto i supermercati e la carta igienica era diventata introvabile… ma per il lievito nessun problema! (sorride, ndr). I negozi sono stati chiusi, a parte supermercati ed esercizi essenziali. Ma in quella fase potevi comunque fare la spesa senza mascherina, sempre mantenendo le distanze di sicurezza; all’entrata dei negozi la guardia vigilava sui sovraffollamenti, che prevedevano multe salate. Si poteva uscire liberamente per fare una passeggiata con un’altra persona senza mascherina, portare fuori il cane, fare sport all’aperto. Se l’uscita era con i familiari, il massimo delle persone consentite era di tre».

Al lavoro in maneggio come è andata?

«Io ho la fortuna di lavorare all’aperto e con un’unica collega, per cui il mio rischio era sicuramente inferiore. Comunque abbiamo provveduto a disinfettare ogni utensile, lavare le mani frequentemente e chiaramente mantenere le distanze. Non abbiamo avuto moduli di autocertificazione, solo un documento che attestasse il lavoro, in caso di controlli. La mia giornata inizia alle 8, i cavalli mangiano e poi li alleno fino alle 13.30. Il pomeriggio sono libera, mi piace stare nella natura e all’aria aperta… attività molto amate dai tedeschi tra l’altro, qui la cura del paesaggio è massima. Non sono una ragazza che ama andare per negozi e fare aperitivi, mi basta il cavallo e un prato tagliato su cui correre per essere serena. Quindi in generale il virus non mi ha causato molte restrizioni sul mio lavoro, abbiamo solo dovuto essere più attenti all’igiene, e i proprietari dei cavalli potevano venire in maneggio solo organizzandosi in modo da essere una persona a turno».

A livello sanitario, pensi che la Germania abbia saputo far fronte alla pandemia?

«Penso che il sistema sanitario tedesco sia molto efficiente, non ci sono mai state crisi dovute alla mancanza di posti letto in terapia intensiva e, fuori dalla maggior parte degli ospedali, era possibile fare un tampone “Drive”, comodamente dalla tua macchina, per poi ricevere il risultato in pochi giorni».

Quindi in generale credi che l’emergenza Covid sia stata ben gestita?

«Io credo che la strategia della Germania sia stata un buon compromesso. Non abbiamo vissuto questo periodo chiusi in casa con i conseguenti effetti psicologici correlati. Personalmente non ho smesso un giorno di lavorare e potevo godermi una passeggiatina con i cani senza essere considerata una criminale. La Germania è stata una dei primi paesi a riaprire i negozi e i ristoranti, in questo momento l’uso della mascherina è obbligatorio per fare compere, nelle aziende ogni mattina viene misurata la temperatura e vengono distribuite mascherine e guanti per lavorare».

A breve compirai un anno da expat, torneresti in Italia?

«In questo anno ho pensato molte volte di tornare in Italia, ma questo sentimento è sempre stato trainato dalla mancanza degli affetti, degli amici, del buon cibo, della propria terra. Ora che ci siamo sistemati con la casa e con un lavoro che mi appaga, nonostante sia in fase di crescita, non tornerei in Italia solo per questioni lavorative. Qui tutto è molto preciso e corretto, con una retribuzione adeguata, tutto in regola insomma. Sono certa che lì non sarebbe stato lo stesso. Purtroppo parlano le mie esperienze pregresse e quelle di tanti giovani come me. Per il resto sì, mi manca l’Italia, mi mancano tanto gli affetti. Ma posso fare questo sacrificio per assicurarmi un futuro migliore».

© RIPRODUZIONE RISERVATA