Giorgia nell’Australia delle meraviglie

Giorgia Rancati, 21 anni, di Sant’Angelo Lodigiano, in attesa di laurea alla Bocconi, ha studiato a Sydney alla University of Technology

Da Sant’Angelo Lodigiano a Sydney c’è la distanza di un mondo intero: 16.533 chilometri di cultura, lingua e abitudini differenti. Ma l’entusiasmo dei 21 anni, si sa, è nemico di tutti gli steccati. Così usi e costumi diversi diventano uno stimolo per la formazione universitaria e personale. “Voci oltre confine”, puntata 7. Questa è la storia di Giorgia Rancati, un’avventura australiana che nemmeno il lockdown ha potuto intrappolare.

Ciao Giorgia, parlaci di te...

«Sono Giorgia Rancati, ho 21 anni e sono al terzo anno di Economics and Management for Arts Culture and Communication alla Bocconi. Mi laureerò a settembre per poi iniziare un master in Economics and Management of Innovation and Technology, sempre alla Bocconi. Al momento mi trovo in Exchange a Sydney all’University of Technology».

Come sei stata accolta dal tuo paese “adottivo”?

«L’Australia è un paese meraviglioso: si respira un’atmosfera diversa e la vita scorre in modo molto rilassato. Nulla a che vedere con la frenesia a cui ero abituata a Milano. Anche l’università è affrontata in modo completamente diverso. Io sono arrivata qui un mese prima dell’inizio delle lezioni e ogni giorno c’erano delle attività di orientamento organizzate per gli studenti. Puntano molto sul farti sentire a tuo agio e farti sentire parte di un gruppo. Dal primo giorno mi sono sentita a casa».

Così hai scelto di restare…

«Mi sono trasferita qui a febbraio per completare gli ultimi sei mesi del mio piano di studi. Ho scelto di rimanere perché la situazione a Sydney è sempre stata migliore che in Italia. Se avessi scelto di tornare non sarebbe stato facile perché tutti i voli “tradizionali” (da Sydney a Milano, con scalo a Dubai, Singapore o Abu Dhabi) erano stati cancellati. I miei amici che hanno scelto di tornare hanno dovuto fare dai 3 ai 4 scali in diversi paesi del mondo, viaggiando per giorni e pagando tutto di tasca propria».

A proposito di lockdown, com’è stata affrontata l’emergenza in Australia?

«Nonostante la situazione non sia mai stata neanche lontanamente paragonabile a quella italiana, i provvedimenti sono stati presi fin da subito e sono stati molto severi. Tutti i ristoranti e bar sono stati chiusi da subito, ma hanno continuato a fare servizio take away e a domicilio. I supermercati sono stati presi d’assalto. All’inizio era impossibile trovare carta igienica e beni essenziali come pasta e riso. Quando si stava iniziando a respirare l’aria della crisi, io mi sono svegliata una mattina alle 6 e mi sono messa in coda al super di fronte a casa che apriva alle 8. In questo modo ho potuto fare le scorte di cibo necessario e non ho avuto grossi problemi. Fortunatamente c’è sempre stata la possibilità di uscire per fare esercizio fisico. Le spiagge sono state chiuse ed erano aperte solo per nuotare o fare surf, mentre non ci si poteva sdraiare a prendere il sole».

Immagino che ora le restrizioni si siano allentate…

«Dal 15 maggio hanno riaperto i ristoranti, ma solo per 10 coperti alla volta. Dal 1 giugno sono diventati 50. Sono molto severi riguardo a ciò e i ristoratori stessi rispettano le regole rigorosamente. Il governo ha chiesto ai cittadini di scaricare una app per tracciare il virus e certi ristoranti non accettano clienti che non l’abbiano scaricata sul proprio telefono. I confini con le altre regioni sono stati chiusi e ci sono posti di controllo all’aeroporto e sulle principali autostrade. Anche ora, nonostante da più di un mese ci siano solo 10 casi al giorno in tutta l’Australia (su 25 milioni di abitanti), non è possibile viaggiare. Spero che per luglio quando finirò gli esami riapriranno i confini con il Queensland, vorrei tanto andare a fare sub nella barriera corallina»..

Come trascorri le tue giornate nella residenza universitaria?

«Le lezioni sono sempre state online anche qui, quindi all’inizio le mie giornate trascorrevano come quelle di qualsiasi altro studente universitario. Fortunatamente vivo nella residenza dell’università, quindi ho sempre potuto studiare in compagnia dei miei amici che sono rimasti. Da poco hanno riaperto i parchi naturali in NSW (New South Wales, sulla costa est dell’Australia, ndr), quindi mi concedo qualche camminata in montagna quando non ho lezione. Uno dei motivi per cui ho scelto questa università per il mio scambio è perché ha un programma molto valido per le start up, cosa che la Bocconi sta ancora sviluppando. Il mio sogno è quello di avere una mia azienda e avrei voluto sfruttare questa opportunità per entrare di più nel campo delle start up. Purtroppo non è stato possibile perché tutti gli eventi e i programmi sono stati annullati causa Covid».

Hai mai pensato di tornare in Italia?

«Sinceramente no. Avrei considerato l’ipotesi solo nel caso in cui i miei coinquilini o compagni di residenza avessero deciso anche loro di tornare perché sarei rimasta da sola. Qui la situazione è sempre stata migliore che in Italia, quindi non avevo nessun motivo per tornare».

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