Come ci si può salvare se il mondo va “in pezzi”

Arriva “Pieces of a woman” presentato alla Mostra di Venezia

Nella vita, quando ti sembra d’essere arrivato a un briciolo di stabilità, conta avere gli air bag, i sedili riscaldati. Un’auto spaziosa e sicura adatta a una famiglia e un numero di previdenza sociale per comprarla. Perché poi può andare tutto in pezzi da un momento all’altro, senza avviso, e tocca fare i conti con le macerie.

Martha va “in pezzi” quando il parto che aveva pensato, desiderato, progettato insieme al suo compagno Sean, in casa, con un metodo naturale, finisce in tragedia, facendole crollare addosso il mondo intero, tutti i progetti e le sicurezze.

Tanto - non tutto - sta in quella complicatissima scena iniziale di Pieces of a woman: 25 minuti di un piano sequenza senza staccare mai l’inquadratura in cui lo spettatore vive il parto senza che nulla venga risparmiato: tensione, dolore, rabbia, paura, sofferenza vera, fisica e psicologica. Le vite di Martha e Sean vanno in pezzi, anche se è Martha a fare la fine di quel ponte sul Tacoma, spaccato in due, impossibile da attraversare. Da quel momento in poi sarà impossibile attraversarlo quel ponte per capire cos’è rimasto di lei dall’altra parte.

È un film scomodo Pieces of a woman, difficile, che ha l’obiettivo (centrato) di raccontare senza sconti le macerie, la sopravvivenza al trauma. Il regista ungherese Kormél Mundruczò - al suo primo film americano dopo presenze significative ai festival (Cannes in particolare) - si aggira tra questi resti, con lunghi movimenti di macchina, senza pause, come un cronista sul luogo di un disastro. Cosa resta dopo tutto questo dolore? Di Martha, di Sean, di tutti noi: cosa rimane? Come si può, se si può, ripartire? E il perdono? Il senso di colpa? Mundruzkò accorcia le distanze, stringe le inquadrature, segue insistentemente i protagonisti Vanessa Kirby (la principessa Margaret di The Crown, vincitrice della Coppa Volpi all’ultima Mostra del cinema di Venezia per questa sua prova “mostruosa”) e Shia LaBeouf bravo almeno quanto è stato capace in carriera di autodistruggersi.

La vicinanza è un tratto distintivo e stilistico del film e allora parte di questa va senz’altro fatta risalire alla sceneggiatura firmata da Kata Wéber, compagna del regista, che con lui ha vissuto un’esperienza drammatica analoga a quella raccontata nel film. È un film femminile (se questa definizione può avere un senso)? Di sicuro è un film che ha delle interpreti straordinarie (oltre alla Kirby c’è Ellen Burstyn ad esempio) e che indaga in dinamiche complesse come il rapporto tra una madre e una figlia. Mettendo abbastanza sbrigativamente gli uomini da parte.

Tagliente, gelido come Boston in inverno, Pieces of a woman porta poi con sé un’altra firma importante, quella di Martin Scorsese come produttore, e per tutti questi motivi si carica di molte aspettative in vista della notte degli Oscar.

Mundruzkò passa dal dramma a una sorta di thriller dei sentimenti, per concludere poi in un’aula di tribunale quando può far sciogliere finalmente la tensione come il ghiaccio sul fiume. Quando, forse, sarà possibile fare pace con se stessi.

Pieces of a woman

Regia Kormél Mundruczò

Netflix

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