SAN COLOMBANO «Era il diavolo, l’ho accoltellato»: il 20enne finisce in ospedale psichiatrico

Prosciolto e “condannato” a curarsi il giovane feritore del muratore egiziano

Accusato di tentato omicidio, è stato prosciolto per incapacità ma sottoposto alla misura di sicurezza, per un minimo di due anni, del ricovero in una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (ex ospedale psichiatrico giudiziario). Così ha deciso il gup di Lodi riguardo al 20enne egiziano che il 19 marzo scorso aveva ripetutamente accoltellato con un taglierino un muratore egiziano di 56 anni, dopo essere entrato nella sua abitazione, in una casa di corte di San Colombano al Lambro in via Garibaldi.

Il giovane, che i carabinieri di San Colombano, della compagnia di San Donato Milanese e del nucleo investigativo provinciale di Milano avevano trovato nascosto in una soffitta, era ancora sporco di sangue e aveva ammesso le proprie responsabilità. La vittima, che nonostante una grave emorragia se l’era cavata con 10 giorni di prognosi, era un muratore esperto che aveva avuto il 20enne in più occasioni come collaboratore per opere in cartongesso. E così si era inizialmente pensato a un movente economico. In realtà era poi emerso che il 56enne era un dipendente del papà del 20enne, titolare di un’impresa edile, e che il ragazzo, formalmente iscritto come studente universitario alla facoltà di giurisprudenza a Pavia, nel tempo libero si dava da fare nei cantieri. Ma non aveva nessuna pretesa economica nei confronti della vittima.

L’avvocato Marco Mascheroni di Tavazzano, nominato difensore del giovane, ha svolto indagini difensive. La vittima, che pur conosceva alcune anomalie caratteriali del ventenne, non ne aveva mai voluto parlare, temendo forse di aggravare la sua posizione giudiziaria e di inimicarsi il padre, suo titolare. Diversi conoscenti hanno però riferito particolari che hanno portato il difensore a far visitare il 20enne da uno psichiatra, che ha diagnosticato un quadro di schizofrenia. Patologia psichiatrica poi confermata da un altro esperto nell’incidente probatorio disposto dal gip in tribunale a Lodi. Nato a Milano ma poi cresciuto in Egitto, prima di tornare in Italia con il sogno di laurearsi, il 20enne aveva sospeso ogni terapia.

Dopo la diagnosi, è stato sottoposto a una blanda cura farmacologica che lo ha reso nuovamente capace di distinguere la realtà dai suoi fantasmi. E così ha trovato la forza di spiegare che aveva deciso di uccidere il 56enne, peraltro amico di famiglia, perché delle voci lo avevano convinto che quell’uomo era il diavolo. Ora si trova in una struttura psichiatrica di tipo comunitario, e se tra due anni sarà giudicato «non più pericoloso» potrà ritornare a cercare di farsi una vita.

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