«L’omicida è capace di intendere e volere»

La perizia del gip sul 45enne in carcere esclude gravi disturbi

Luca M. va ritenuto capace di intendere e volere: questo trapela all’esito della perizia richiesta dal gip del tribunale di Lodi sul 45enne di Boffalora d’Adda arrestato per l'omicidio della vigilia dello scorso venerdì 13 agosto, quando un invalido di 64 anni con l’hobby della pesca, Vito Napolitano di Pioltello, era stato trovato agonizzante nelle campagne di Montanaso con il cranio fracassato e il 60 per cento del corpo ustionato dall’incendio della sua Seat Marbella. Era morto al “grandi ustionati” di Niguarda dopo quattro giorni di agonia.

È quindi un nuovo capitolo della “guerra di perizie” che si era scatenata sulla vicenda, un’inchiesta subito presa in carico dal procuratore capo Gian Luigi Fontana: subito dopo l’arresto, un primo consulente, reperito presso l'Azienda ospedaliera di Lodi, aveva incontrato il 45enne in carcere e aveva concluso che si trattava di una persona nel pieno delle sue facoltà. Scavando nel passato dell’uomo, però, era emerso un passato terribile: originario di Casalmaggiore (Cremona), all’età di otto anni aveva incendiato gli abiti di sua nonna e per questo aveva ultimato gli studi in un istituto per oligofrenici. Lasciato il quale si era macchiato di un terribile omicidio: quello di una vicina di casa di 88 anni tramortita con un colpo di sgabello in testa e poi finita con un coltello. La donna aveva scoperto che Luca M., allora appena maggiorenne, gli stava rubando gli spiccioli dalla borsetta. Dopo il delitto, con quei soldi era andato alle giostre della sagra del paese.

Era stato ritenuto “incapace di intendere e volere” e destinato all’ospedale psichiatrico giudiziario e, quindi, a una comunità protetta. Dopo 18 anni era tornato libero, con una pensione di invalidità, e pescando in riva all’Adda aveva conosciuto il 64enne di Pioltello, al quale, viste le difficoltà di movimento, l’amicizia con quel ragazzo taciturno e forse un po’ strano dava comunque un po’ di sicurezza.

L’agosto scorso, però, l'amico gli aveva rubato due attrezzi per la pesca e non glieli voleva restituire. Da qui il litigio al termine del quale Luca M. avrebbe colpito il pensionato, chinato nel bagagliaio della sua auto, con il portellone: il gancio gli aveva bucato il cranio. Il 45enne nega però di aver dato fuoco alla macchina.

Dopo questi approfondimenti, era arrivata la seconda perizia per la procura, firmata da Cristiano Barbieri, secondo il quale il 45enne non è sano di mente.

Ora la perizia chiesta dal gip milanese Ambrogio Pennati depone invece ancora a favore della piena capacità, il che significa responsabilità penale e una condanna all'ergastolo, se resisterà la tesi dell’omicidio volontario. Secondo l'avvocato difensore Roberto Rota, che finora non ha disposto perizie psichiatriche, si tratta invece di omicidio preterintenzionale: il colpo con il portellone era nato da un impeto d’ira e, salvo sorprese dagli accertamenti dei Ris, non c’è prova che il 45enne abbia incendiato volontariamente l'auto. Lui sostiene che alla vittima, colpita, era caduto un mozzicone di sigaretta.

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