Disabile s’incatena ai cancelli dell’Inail

Infermiere 39enne protesta: «Tolta l’invalidità senza spiegazioni»

Aveva l’invalidità al 48 per cento. Senza nessuna spiegazione e senza nemmeno visitarlo, di colpo gliel’hanno annullata. Ieri mattina, per protesta, l’uomo si è incatenato, davanti ai cancelli dell’Inail, in viale Dalmazia, a Lodi. «Una situazione così non si può accettare», commenta il 39enne con gli occhi pieni di tristezza. Luciano Arrigoni, infermiere santangiolino, che opera ai poliambulatori del Delmati, non ha potuto credere alle parole della direttrice dell’ente che gli spiegava la situazione. Una bombola di ossigeno gli è caduta sul piede, mentre lavorava in ospedale, nel febbraio del 2004. Da allora è stato operato 8 volte, ha una protesi e una lesione neurologica con un deficit di motilità al piede: usa il bastone per camminare e per lavarsi e ha bisogno di un tutore.

«La direttrice di Lodi è stata gentilissima - racconta mentre si appoggia al cancello -. Ha visto il provvedimento pesante che mi sarebbe arrivato a casa e ha preferito convocarmi per dirmelo. La ringrazio, la colpa non è sua, ma della sede centrale. Secondo l’Inail si tratta di una rettifica per un errore precedente». Dal 2004 Arrigoni ha subito 8 interventi. «Mi avevano dato il 30 per cento dell’invalidità - dice incredulo -, me l’hanno alzata a 33 e poi a 48. Adesso, all’improvviso, senza nemmeno convocarmi, senza fare alcuna visita, a tavolino hanno deciso di abbassarmela al 3. Da gennaio non prenderò più niente. Questa vicenda è iniziata a maggio, quando mi sono visto sottrarre gli ausili. Hanno sempre tergiversato. Sono andato avanti tutta l’estate a medicarmi il piede perché non avevo la scarpa giusta. E adesso? Stasera, quando vado a casa, cosa dico ai miei famigliari, che sono guarito? Ho una compagna e una figlia di 15 anni. Sarà contenta di vedere suo papà sul giornale in queste condizioni. Prima di prendere un provvedimento così, secondo me, bisogna valutare le conseguenze. Dicono che la mia invalidità non è una conseguenza dell’incidente iniziale. Viene messa in discussione la credibilità dei medici. In questi anni sono sempre stato trattato in modo corretto. Mi hanno dato tutto, mi hanno adattato persino la guida dell’auto. Cosa sia successo dal mese di maggio non lo so. Mi hanno fatto proprio un augurio di buone feste». Arrigoni è depresso. «Mi ritrovo a 39 anni - commenta - con un handicap e un’invalidità che compromettono la mia vita famigliare e affettiva e che non sono più riconosciute. Questa questione si poteva affrontare diversamente, mettendo a un tavolo le persone competenti e chiamandomi a una visita. In fondo sono una persona, non un oggetto». D’accordo con lui il sindacalista Mauro Tresoldi: «Il venire meno dell’invalidità - spiega - non vorrei avesse ripercussioni anche sul lavoro in ospedale. Voglio capire poi perché, dalla sera alla mattina, non gli venga riconosciuta un’invalidità così lampante. A riconoscergli le limitazioni sono stati anche i medici ospedalieri. Sarebbe interessante un consulto congiunto tra questi ultimi e i dottori dell’Inail. Potrebbero parlarsi. Non siamo di fronte a una persona che si autodichiara ammalato. Mi stanno dicendo che i medici fino ad ora hanno sbagliato? Sono cambiati i parametri per cui d’un tratto è guarito? È giusto che faccia ricorso. È una pagina triste per l’Inail. Io penso che ci siano tempi e modalità con cui colloquiare con queste persone invalide. Servirebbe un po’ di umanità in più».

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