Yara e Sarah, tra Bergamo e Avetrana

Come già era successo per Sarah Scazzi, la vicenda di Yara Gambirasio si è conclusa, purtroppo, nel modo peggiore con il ritrovamento del cadavere della ragazza in un campo non distante dal luogo della scomparsa. Di lei si erano perse le tracce il 26 novembre scorso e sabato 26 febbraio, dopo tre mesi esatti, il suo corpo in decomposizione è stato ritrovato in un campo dopo la segnalazione di una persona che si era trovata a passare di lì. Il tragico epilogo ha messo la parola fine alle ricerche ma ha aperto una serie di interrogativi su quanto è successo a cui ora gli inquirenti dovranno provare a rispondere.

Anche in questo caso, come in quello di Sarah e in tutti i casi di persone scomparse e ritrovate poi morte, da parte dei media non c’è da speculare, né da alimentare la compassione o il dolore magari per assicurarsi qualche lettore o qualche spettatore in più. Ma è naturale voler capire cosa sia successo e perché sia possibile che una ragazza come tante altre finisca uccisa. È la molla che suscita la curiosità di noi tutti e sulla quale spesso i mezzi di comunicazione fanno leva per alimentare il sensazionalismo di cui si nutrono.

I due casi sono simili soltanto nel tragico epilogo, ben diverso è stato il trattamento mediatico. Sulla scomparsa di Sarah Scazzi e sulla realtà di Avetrana, paese in cui lei viveva, i riflettori non si sono mai spenti dal giorno in cui si sono perse le sue tracce, fino a quando lo zio Michele Misseri ha confessato il delitto e la madre Concetta ne è stata informata in diretta televisiva. Da lì in poi l’attenzione dei media ha continuato a svilupparsi in maniera morbosa e il ruolo da protagonista che prima era stato di una mamma in disperata ricerca della figlia è stato preso dallo zio, dalla cugina Sabrina e dagli altri famigliari coinvolti a vario titolo nella vicenda.

L’atteggiamento dei mezzi di comunicazione di fronte alla scomparsa di Yara è stato molto meno invasivo, forse perché in qualche modo il caso di Avetrana aveva messo tutti in guardia rispetto agli eccessi e ai molti limiti superati in termini di decenza e di privacy, certamente perché i famigliari della ragazza di Brembate hanno scelto di esporsi il meno possibile ai riflettori, preferendo vivere nell’intimità della propria casa il dramma della scomparsa della loro figlia. Dopo un unico appello accorato a chiunque potesse aiutare a ritrovare la ragazza, a un certo punto è stato chiesto anche il silenzio stampa, per agevolare in qualche modo le ricerche e il lavoro degli inquirenti rispetto a una soluzione positiva del caso.

Purtroppo in entrambi i casi l’epilogo è stato tragico, ma il diverso approccio mediatico ha comunque fatto sì che la vicenda della scomparsa di Yara sia stata trattata in generale con maggiore equilibrio. Il che non la rende certo meno triste o meno inquietante, ma almeno non appesantisce il dolore dei genitori con ciniche sovraesposizioni alla morbosa attenzione popolare né li rende protagonisti loro malgrado. Il ritrovamento del cadavere di Yara ora apre inevitabilmente una seconda fase in questo triste caso, quella della ricerca del colpevole. Non vi sono dubbi sul fatto che si tratti di un omicidio, restano da capire i motivi di tanta ferocia e l’identità di chi ha usato la sua mano assassina.

Le prime reazioni a caldo dopo il triste epilogo, segnate dall’inevitabile sgomento doloroso, sono state caratterizzate dal silenzio e dalle voci basse, quasi a voler rispettare il dolore di genitori, famigliari, amici e di un intero paese che non ha mai smesso di cercare la verità pur senza lasciarsi andare a protagonismi fuori luogo, come invece era ampiamente successo ad Avetrana. Auguriamoci che sullo stesso registro prosegua l’informazione fino a quando il caso sarà definitivamente chiuso con l’arresto di chi ha ucciso Yara.

Intanto è doveroso rispettare la privacy di una famiglia distrutta che ha visto frantumarsi le residue speranze di una soluzione positiva e che adesso chiede soltanto di restare sola con il proprio dolore. E se ci sarà il via vai dei soliti curiosi sui luoghi della tragedia, per favore nessuno ce lo racconti.

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