«Vogliamo poter esprimere la nostra idea senza essere insultate dal popolo del web»

Parlano le sorelle di Codogno che avevano esposto cartelli di dissenso durante il comizio del leghista Salvini

Alessandra Giussani e la sorella Arianna, 22 e 18 anni, sono le sorelle codognesi insultate sul profilo Facebook di una senatrice leghista. La più grande, Alessandra, in questa intervista riflette sulla campagna d’odio di cui sono state vittime.

Cosa vi ha portato a scendere in piazza?

«Sicuramente volevamo che passasse il messaggio “Codogno non è solo Lega”».

La sera prima della visita di Salvini, in una storia su Instagram annunciavi la protesta pacifica. So di frasi pesanti che avete ricevuto anche quel giorno. Com’è andata realmente?

«Certo, volevamo organizzare una protesta pacifica. Durante la manifestazione siamo state insultate, derise, ci hanno detto “usiamo il lanciafiamme”. Alcuni ragazzi ci hanno anche seguite al termine della manifestazione per tutta via Roma, sotto gli occhi dei presenti che non hanno fatto assolutamente nulla».

Sicuramente sia tu che tua sorella Arianna avrete letto infinite volte di campagne d’odio contro persone fragili, diversi, donne appunto. Ma cosa si prova quando è sulla propria pelle?

«È stato un duro colpo leggere tutti quei commenti. Non riusciamo ancora a capacitarci del fatto che siano stati fatti solo perché stavamo alzando due cartelli. Pensiamo che alcune persone abbiano un grande odio represso che le ha portate a scrivere certe cose. Vorremmo che passasse il messaggio “non siamo carne da macello”. Accettiamo la diversità di pensiero, non gli insulti. Siamo donne, studentesse e abbiamo il diritto di parlare».

Perché secondo voi la senatrice non ha ancora tolto il post?

«La propaganda della senatrice a nostro parere è infida e credo non abbia ancora rimosso il post perché ha ottenuto esattamente l’effetto che voleva. Per cui vorrei rivolgermi direttamente a chi pensa, e ha detto, che non sia colpa sua. Lei ha gettato il sasso e ha tirato indietro la mano, era perfettamente consapevole delle conseguenze a cui sarebbe andata incontro, ma ha deciso di agire comunque. La invito quindi a trovare delle argomentazioni un po’ più solide. Cinque ragazzi sono riusciti a farsi sentire più di lei, che ci rifletta».

L’accaduto ha sollevato un dibattito e prese di distanza della politica. Se può servire a qualcosa, quello che è successo cosa vorreste passasse?

«È fondamentale distaccarsi da ciò che è accaduto, ma è sufficiente? Non credo. È allucinante che quel post sia ancora sui social. Invito quindi le persone competenti a riflettere sul fatto che forse è necessario fare qualcosa di più».

Bersaglio dell’odio sono stati anche i vostri genitori. Come vi spiegate tutta questa rabbia?

«Credo che le persone siano psicologicamente frustrate da questo periodo di lockdown. E credo anche che se in quella foto ci fossero stati due ragazzi non ci sarebbero stati tutti quei commenti sessisti. Il nostro Paese è retrogrado e questo l’ha dimostrato».

Il vostro è stato un gesto “politico”. Nel senso partecipativo, di azione nel coté della comunicazione. Siete due giovani studentesse, in questa temperie culturale cosa ritenete necessario “ri”affermare?

«Vogliamo riaffermare la libertà di parola e di espressione. Siamo in una democrazia. Siamo nel 2020. Vogliamo essere libere di alzare due cartelli. Vogliamo una maggiore consapevolezza nell’uso dei social. Vogliamo poter avere le nostre idee politiche senza essere additate, insultate e giudicate perché donne pensanti».

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