Vita da precario nel Lodigiano

Precari per una vita e pure per... un giorno. È il caso di dirlo, dal momento che una mamma di famiglia è stata assunta (in somministrazione) l’11 novembre del 2011, un rapporto di lavoro che si è concluso in un lampo, nel giro di 24 ore. A onor del vero, è stata riassunta il 17 novembre del 2011, ma sempre per un solo giorno, la stessa cosa si è ripetuta il 25 novembre. Le mansioni? Impossibili da decifrare, persino leggendo le motivazioni sul contratto, rigorosamente in inglese. E dal momento che la signora doveva spostarsi da Monza a Lodi, è facile intuire che tutto lo stipendio è volato via in benzina.

È la giungla dei “flessibili”, ancora una volta sotto la lente d’ingrandimento dei sindacati. Alla Cisl l’ufficio di Paolo Riboli dà assistenza a tutti gli atipici e interinali, a volte capita che qualcuno si presenti “sfoggiando” la bellezza di 14 contratti nell’arco di un anno e mezzo, e sempre per la stessa azienda. Chi pensa, però, che questo universo sia popolato solamente da giovani si sbaglia, perchè con la crisi l’età media dei precari si è alzata. Così, è facile incontrare 50enni alle prese con situazioni al limite. «Il regime pensionistico è cambiato, siamo passati al sistema retributivo - dice il segretario provinciale della Felsa -, mi chiedo come faranno queste persone ad andare in pensione. Se non lavori, è ovvio che non paghi i contributi».

I somministrati, assunti solitamente dalle agenzie e poi inseriti nelle aziende, lavorano soprattutto nei settori chimico e metalmeccanico, qualcuno anche nei trasporti; a volte trascorrono 5 o 6 anni senza che il contratto cambi. Per Gianmarco Gilardoni, segretario regionale della Felsa, si discute troppo dell’articolo 18 senza pensare a tutto il resto, come per esempio ai problemi legati ai contratti a progetto e all’associazione in partecipazione. Perché nella confusione, capita anche di trovare un autista con un contratto a progetto, pronto a girare tutta l’Italia per caricare e scaricare merci al servizio di una cooperativa. «Sulla carta, questo tipo di contratto funziona, in pratica no, infatti la maggior parte dei rapporti di lavoro può essere tranquillamente impugnata - spiega Gilardoni -. Spesso sono rinnovati all’infinito e l’attività svolta dai lavoratori in realtà spetterebbe ai dipendenti». Tempo fa, alla Cisl hanno bussato dieci persone con un contratto a progetto da 5 anni, per una media di 10 ore di lavoro al giorno sulle spalle.

Poi c’è l’associazione in partecipazione, definita dai due sindacalisti il “degenero totale”: partecipi agli utili e pure alle perdite della società, anche se di fatto sei un lavoratore come gli altri. Un barista, per esempio, perché alla fine «succede anche questo». I sindacalisti chiedono più serietà da parte degli attori in gioco, ma anche una flessibilità ben regolata, che non lasci spazio ai furbi.

«Le partite Iva sono un altro capitolo da affrontare, aprirne una equivale a essere un imprenditore, ma poi ti ritrovi persone che operano solo per lo stesso committente e alla stregua di lavoratori dipendenti, non possono essere considerati autonomi. La partita Iva è utilizzata come escamotage, noi dobbiamo tutelare coloro che con serietà vogliono davvero avviare un’attività». È chiaro che il sindacato “fa il tifo” per i contratti a tempo indeterminato, questo non significa che bocci a priori il concetto di flessibilità. «Come Cisl non ci siamo mai opposti alla flessibilità - sostengono Riboli e Gilardoni -, purtroppo è spesso utilizzata come un sistema per raggirare le assunzioni. Se si rispettasse la legge, potrebbe essere un modo per inserire i giovani nel mercato. Non deve diventare una forma di precariato costante».

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