Traffico cuccioli, 36enne in carcere

Minacce di morte a un’altra indagata nella stessa inchiesta sull’importazione illegale di cuccioli di cane dall’Est Europa, e M.B. di 36 anni residente a San Giuliano finisce in carcere a Lodi per essere evaso dagli arresti domiciliari. La misura è stata assunta dal giudice per le indagini preliminari dopo la denuncia ai carabinieri.

Il fatto è avvenuto a Melegnano, davanti un negozio, quindici giorni fa. M.B. 36 anni di San Giuliano è uno dei principali indagati nell’inchiesta condotta dal Nucleo Investigativo Provinciale di Polizia Ambientale e Forestale sotto la direzione del Procuratore Capo di Lodi Vincenzo Russo per associazione a delinquere finalizzata a importare illegalmente all’Est Europa cuccioli di cane, poi rivenduti in Italia con la documentazione in regola grazie a un veterinario compiacente.

A inizio febbraio l’indagine aveva portato alla denuncia di nove persone, di cui sei erano state sottoposte a misure cautelari tre di San Giuliano, una di Melegnano, una di San Zenone e una, il veterinario, di Milano. M.B. era sottoposto agli arresti domiciliari, con il permesso però di uscire di casa per recarsi al lavoro e con l’agevolazione di eleggere a domicilio l’abitazione della fidanzata. Quindici giorni fa, però, M.B. si è recato a Melegnano, in palese violazione dell’obbligo dei domiciliari, e davanti un negozio ha affrontato una ex amica, anch’essa inquisita nel corso della stessa indagine, apostrofandola pesantemente e arrivando a minacciarla di morte. La donna però non si è lasciata intimorire, e ha denunciato l’uomo ai carabinieri di Melegnano. A quel punto per il Gip è stato quasi un passaggio obbligato quello di aggravare la misura cautelare imponendo di tradurre in carcere M.B. L’uomo è stato prelevato dagli agenti della Forestale delle provincia di Lodi e quindi condotto al carcere di Lodi, dove resterà fino al termine delle indagini preliminari, previste per agosto. L’inchiesta intanto è arrivata ormai alle battute finali, e sarebbero in corso le analisi e gli esami dei computer posti sotto sequestro e dentro i quali gli inquirenti ritengono di poter trovare ulteriori prove oltre a quelle già acquisite, anche con intercettazioni ambientali.

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