Sull’Italia uno sguardo severo

Se non è commissariamento, diciamo che l’aiuto che la Banca Centrale Europea – quindi di Germania e Francia – ha promesso all’Italia per difenderla dalla bufera finanziaria che si è scatenata nei giorni scorsi contro i nostri titoli di Stato, assomiglia molto ad un severo sguardo paterno che non tollera più marachelle. Siamo disponibili ad acquistare Bot e Btp – questo è stato il succo del discorso – ma voi smettetela di… fare gli italiani.In verità era stato proprio il governo, per tramite del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, a chiedere il coinvolgimento dell’Europa per spegnere l’incendio che rischia di bruciare i nostri conti pubblici, e in definitiva l’intero Paese. Purtroppo non erano risultati convincenti né le contromisure dichiarate dal governo, né la messinscena dell’incontro con le “parti sociali”, né una discussione parlamentare incentrata su misure poco immediate, il solito scambio di frizzi e lazzi tra maggioranza e opposizione e un rapidissimo rompete le righe dei parlamentari per una vacanza destinata a protrarsi fino a settembre inoltrato.È sembrata, agli investitori finanziari e pure agli euro-governi, un altro preclaro esempio del “facite ammuina” di borbonica memoria: un po’ di parole e incontri per dare l’impressione di fare qualcosa, con l’obiettivo di calmare le acque e tornare poi allo status quo ante.Operazione malriuscita: mentre il governo elencava gli otto punti con cui intendeva rispondere alla speculazione internazionale, questa affossava i nostri mercati azionari e obbligazionari irridendo in tempo reale le contromisure governative. Otto punti – alcuni dei quali pure interessanti e di amplissimo respiro – ma tutti con un difetto strutturale: a lunga gittata, quindi alla fine promesse (sempre revocabili) più che fatti immediati. E molti uffici titoli sono esattamente convinti che l’Italia sia un elefante da aggredire proprio perché lo vedono da anni immobile, incapace di decidere, certamente dimentico del suo problema principale: un colossale debito pubblico il cui peso degli interessi da pagare sta bloccando l’economia italiana da vent’anni.È dal 1991 infatti che, sostanzialmente, l’economia italiana è ferma. Poiché il resto del mondo si è mosso o ha addirittura corso, in pratica ci stiamo impoverendo di anno in anno. Solo l’adesione all’euro ha permesso di tenere a bada i debiti, grazie a tassi d’interesse assai modesti da pagare ai nostri creditori. Ma l’ombrello-euro ha esaurito la sua funzione di coprire la testa a tutti: Stati virtuosi e ricchi, e Stati scialacquatori e pure poveri. Pian piano sono emerse le nefandezze dei conti pubblici greci (addirittura truccati dagli stessi governi), portoghesi, irlandesi, ciprioti. E più d’uno ha voluto andare a controllare se pure quelli spagnoli e italiani erano solidi e ben controllati, oppure mascherati da un velo di trucco caduto al primo grosso temporale.Il debito spagnolo è in questo momento fuori controllo, ma lì il premier Zapatero ha gettato le carte sul tavolo proclamando seduta stante le elezioni anticipate a novembre. E la speculazione s’è messa in sala d’attesa, pronta a colpire al primo passso falso.Qui, invece, l’ammuina. La situazione economica e debitoria italiana è nettamente migliore di quella spagnola, ma con due enormi nei: una sostanziale paralisi decisoria (salvo manovre rastrellanti o tagliatrici a casaccio che depauperano e non fanno crescere) e appunto l’incapacità di produrre ricchezza aggiuntiva tale da generare maggiori entrate fiscali e quindi di permetterci di ridurre il debito pubblico.Gli ultimi dati certificano che la mini-ripresa italiana – di molto inferiore a quella tedesca ma anche di tutti gli altri Paesi europei – non ha più fiato. Il 2011 sarà tale e quale al 2010. In un Paese la ricchezza cresce quando l’incremento del Pil supera il 2%: quindi, continua la nostra corsa all’indietro.Servono dunque misure forti, strutturali, qui e ora. Incapaci di deciderle ed attuarle autonomamente, ora abbiamo lo sguardo occhiuto della Bce a pretenderle: ci darà i suoi denari (attraverso l’acquisto di Btp: ciò dovrebbe servire a contrastare la corsa alle vendite) ma pretende un rigore e una serietà che abbiamo da tempo dimenticato.Per avere quell’aiuto, siamo disposti a concedere tutto. Il problema è che certe riforme strutturali dovevano essere già fatte da tempo, e ci vorrà altrettanto tempo affinché facciano sentire i loro effetti. Intanto? Si getta il napalm sulla spesa sociale: anticipo di quelle misure previste per il 2013 e 2014 che stabiliscono tra l’altro forti tagli al non profit, al welfare familiare, alla sanità, alle pensioni. Saranno soprattutto queste ultime a finire nel mirino in tempi brevi.Misure che possono sembrare inique in un Paese che difende invece strenuamente la necessità dell’esistenza dei generosissimi vitalizi accordati a chi abbia fatto anche solo 5 anni di transumanza in Parlamento.

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