Stella “denuncia” i vandali dell’Italia

Il giornalista del Corriere ospite del Meic lodigiano

C’è un’Italia che aggiunge appendici magnetiche alla statua di Marco Aurelio perché gli sembra poco virile, un’Italia che restaura il teatro di Pompei come se si trattasse dell’arena di un villaggio turistico, che per costruire un sottopassaggio pedonale a uso esclusivo del Ministero spende il doppio di quello che è disposto a stanziare per il restauro della Domus Aurea. È l’Italia dai risvolti tragicomici raccontata nelle pagine di “Vandali: assalto alle bellezze dell’Italia”, ultima inchiesta condotta dal “cacciatore di note dolenti” Gian Antonio Stella, giornalista del “Corriere della Sera”, autore assieme a Gianni Rizzo di “La casta” e altri best sellers.

Ospite dell’incontro promosso lunedì sera dal Meic della Diocesi di Lodi, Stella ha offerto parecchi esempi di cosa si intende con «l’Italia non sfrutta come potrebbe il suo patrimonio culturale». Un giro d’Italia di magagna in magagna, attraverso mala politica, enti locali indifferenti, abusivismo su piccola e larga scala, condoni e restauri: dalla cittadella di Alessandria «con i tetti sbranati dalla vegetazione» allo slogan elettorale del sindaco di Campobello di Mazara, Ciro Caravà («Votate Pd, salverò gli abusivi»). Dall’Appia antica usata come scorciatoia dalle auto blu dirette a Fiumicino al sogno del sindaco Francesco Nuzzo, che voleva fare della “sua” Castel Volturno la Malibù d’Italia, «dimostrando di non saper distinguere una porcheria di cemento nemmeno quando se la ritrova sotto gli occhi». E ancora: «la poltiglia urbanistica che ha stravolto il Veneto e la Lombardia, gli ipermercati orrendi che ho visto anche qui, venendo a Lodi stasera». E poi c’è il caso delle due statue marmoree di Venere e Marte, modellate pare sulle fattezze di Marco Aurelio e Faustina: «Erano conservate al Museo delle Terme di Roma, poi Berlusconi le portò a palazzo Chigi, ma solo dopo aver riportato al vigore di un tempo il povero Marte, evirato dallo scorrere del tempo. Ci fu anche uno studio della Soprintendenza per valutare le dimensioni del prezioso allegato, che venne infine applicato alla statua per mezzo di un magnete, in modo da staccarlo e riattaccarlo a piacimento».

L’episodio la dice lunga «sulla mancanza di basi culturali di chi ci ha governato. Spero faccia presto irruzione una nuova classe dirigente, ma non è con il voto che arriveremo al cambiamento: i giovani devono darsi una mossa, dare vita a un nuovo Sessantotto». Nel frattempo, in attesa che la casta molli finalmente l’osso (o che qualcuno glielo faccia mollare), il patrimonio culturale italiano sprofonda: «Nel 1920 eravamo il paese straniero più visitato al mondo, ora siamo al 28esimo posto per competitività turistica. Questo perché non basta avere un patrimonio artistico, bisogna saperlo sfruttare, e in questo ci battono tutti, Cina compresa, anche se ci sono più siti Unesco in Italia che in ogni altro paese del mondo».

Silvia Canevara

Il giornalista del «Corriere» Gian Antonio Stella è stato ospite dell’incontro promosso lunedì sera dal Meic della Diocesi di Lodi

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