Sono attori o candidati presidenti?

Non sono stati soltanto i commentatori e i giornalisti più autorevoli ad aver seguito numerosi in diretta - nonostante le difficoltà imposte dal fuso orario - i tre dibattiti televisivi notturni fra Barack Obama e Mitt Romney, i due candidati alla poltrona di presidente degli Stati Uniti. Anche molti cittadini comuni hanno puntato la sveglia nel cuore della notte per assistere ai confronti, animati da curiosità e forse inconsciamente spinti a un paragone con le modalità che caratterizzano il dibattito politico in casa nostra.Fino a un mese fa l’esito delle presidenziali Usa sembrava scontato, con Obama in netto vantaggio su Romney nei sondaggi. I dibattiti televisivi fra i due hanno cambiato il quadro, rendendo il risultato molto meno scontato. Non è questa la sede per analisi politiche, ma per sottolineare la potenza del mezzo televisivo e la sua capacità di orientare fortemente le scelte degli elettori (americani). I quali, secondo alcuni sondaggi, avrebbero cambiato parere sui candidati nel 15% dei casi proprio in forza di quanto hanno visto sul piccolo schermo.La potenza di quest’ultimo è tanto evidente quanto densa di possibili distorsioni. Negli Stati Uniti, come in qualunque altra parte del mondo (salvo rarissime eccezioni), non vince chi spiega meglio i suoi progetti e i suoi programmi elettorali, ma chi buca lo schermo meglio del diretto avversario. E per fare breccia nell’attenzione popolare serve essere un buon attore molto più che un bravo politico.Prima dei confronti televisivi, Obama e Romney avevano dato di sé due immagini più virtuali che reali, affidando i contenuti delle rispettive campagne elettorali alla forte mediazione dei giornali e della televisione stessa, con il supporto determinante dei loro esperti di comunicazione. I tre faccia a faccia sul piccolo schermo sono stati altrettanti sassi nello stagno e hanno rimescolato le carte fino a rendere incerto fino all’ultimo l’esito della corsa presidenziale. Chi non avesse assistito ai confronti televisivi, ha potuto recuperarne ampi stralci attraverso la Rete, capace di archiviare tutto a presente e futura memoria. Proprio riguardando i filmati in cui si fronteggiano Romney e Obama si nota quanto il loro modo di gestire la presenza sul palco sia poco naturale e molto a favore di telecamera, per suscitare la reazione del pubblico più di pancia che di testa.Durante i tre dibattiti, nessuno dei due è sceso nei dettagli del proprio programma politico, ma entrambi hanno adottato uno stile, una prossemica e un linguaggio studiati ad arte, perfino nei termini da utilizzare, nei gesti e nell’abbigliamento. Di fronte al ritrovato potere della tv, gli altri media hanno giocato di rimessa. I quotidiani, che anche da noi hanno dedicato molto spazio agli esiti dei tre dibattiti, si sono concentrati sulle forme molto più che sui contenuti, analizzando minuziosamente tutti i dettagli di immagine messi in campo da Obama e Romney. A ruota, il giudizio dei commentatori ha premiato l’efficacia mediatica dell’uno o dell’altro, non l’attendibilità delle rispettive promesse o la consistenza dei programmi elettorali.La popolazione degli elettori, dal canto suo, è innanzitutto un pubblico mediatico e come tale si lascia condizionare dall’influenza degli strumenti di comunicazione molto più che dall’effettiva analisi dei contenuti veicolati. Ne sono consapevoli gli strateghi del marketing, che applicano alla comunicazione politica le stesse regole che da decenni funzionano nella pubblicità e nella comunicazione commerciale. Così il candidato presidente - come qualunque leader di una parte politica - diventa una merce da vendere efficacemente alla platea, per conquistare un consenso il più possibile immediato e acritico.Il paragone fra la comunicazione “made in Usa” e quella che caratterizza l’agone politico nostrano fa registrare alcune differenze, a partire dalla minore efficacia del mezzo televisivo sui nostri connazionali. Un elemento che si spiega anche con il fatto che da noi soltanto in uno dei testa a testa fra gli aspiranti presidenti del Consiglio Silvio Berlusconi e Romano Prodi si era riusciti qualche anno fa a proporre qualcosa di simile a quanto avviene regolarmente nei citati confronti a stelle e strisce: di solito i nostri leader politici in tv non sono incalzati dalle domande di giornalisti professionali e imparziali, ma hanno la piena libertà di lanciare i propri slogan senza un serio contraddittorio.

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