Se eruttasse all’improvviso il Vesuvio...

“Vi mandano in Veneto”, dice la giornalista del Tg1 dello scorso 17 febbraio, ad un’anziana signora che vive a San Giuseppe Vesuviano, che insieme a Sant’Anastasia e Pomigliano d’Arco, è gemellato con il Veneto, nel caso si renda necessario il trasferimento della popolazione a causa dell’eruzione del Vesuvio. Le disposizioni, contenute in uno degli ultimi atti del governo Letta, stabiliscono sia l’area da evacuare cautelativamente, sia i gemellaggi tra i 25 Comuni che hanno aree ricadenti nella “zona rossa” - divisa tra territori “ad alta probabilità di invasione di flussi piroclastici” e “soggetti ad alta probabilità di crolli delle coperture degli edifici per importanti accumuli di materiale piroclastico” - e le Regioni e Province autonome che accoglierebbero nei loro territori la popolazione. La signora intervistata dal Tg1 risponde alla giornalista: “Il Veneto? Dove si trova?”. Non è grave che non lo sappia. L’analfabetismo e l’ignoranza rappresentano tuttora una sfida per una buona parte della popolazione del Sud. È invece drammatico che quella donna, come milioni di cittadini campani che vivono nell’“area vesuviana”, non siano ancora stati raggiunti da un’informazione adeguata sul “rischio Vesuvio”.Si dice - lo ha scritto lo scorso 4 gennaio il direttore dell’Osservatorio Vesuviano, Giuseppe Di Natale - che “in questi giorni circolano su vari siti web, ed anche tramite Facebook, notizie allarmistiche circa lo stato del Vesuvio. Tali notizie sono assolutamente prive di ogni fondamento: sono un collage di frammenti di notizie datate, spesso distorte, e messe insieme per costruire una pseudo-storia assolutamente inventata. Lo stato del Vesuvio è più o meno costantemente lo stesso dal 1944 (ossia quiescente), e il vulcano non dà alcun segnale che potrebbe far pensare ad una imminente ripresa di attività eruttiva”. Il 13 febbraio, un altro avviso di Di Natale, nel quale, tra l’altro, si legge: “Sono arrivate molte segnalazioni di persone allarmate dai tre piccoli terremoti avvenuti recentemente al Vesuvio. In particolare, su alcuni siti web sono apparse discussioni sul perché sia ancora apposta a fianco di tali eventi la scritta ‘preliminare’ anziché ‘supervisionato’. Innanzitutto, voglio ricordare che il Vesuvio ha normalmente una notevole sismicità di fondo, che non desta alcuna preoccupazione in quanto è stata sempre osservata (...)”.Può essere che le cose stiano proprio così. Così come potrebbe essere che “all’improvviso il Vesuvio che sonnecchia dal 1944 esploderà con una potenza mai vista. Una colonna di gas, cenere e lapilli s’innalzerà per duemila metri sopra il cratere. Valanghe di fuoco rotoleranno sui fianchi del vulcano alla velocità di 100 metri al secondo e una temperatura di 1000 gradi centigradi, distruggendo l’intero paesaggio in un raggio di 7 chilometri spazzando via case, bruciando alberi, asfissiando animali, uccidendo forse un milione di esseri umani. Il tutto, in appena 15 minuti”. È scritto in uno studio dei mesi scorsi del vulcanologo della New York University Flavio Dobran. Già nel 2006, Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo dell’Osservatorio Vesuviano e la sua collega Lucia Pappalardo, ipotizzarono, sulla base di una serie di indagini sismologiche, l’esistenza di una vasta camera magmatica a circa 8-10 chilometri di profondità sotto il Vesuvio; segno di un possibile risveglio violento del vulcano. Lo studio sottolineò la possibilità che i flussi colpiscano anche al di là della cosiddetta “zona rossa”, della quale lo stesso Mastrolorenzo chiede l’estensione all’intera area urbana di Napoli, il che imporrebbe un’evacuazione di tre milioni di persone invece delle 700mila attualmente previste. È il minimo chiedere che il Governo convochi con urgenza una grande Conferenza scientifica internazionale sugli eventuali rischi a cui è sottoposta l’area vesuviana: con la priorità di fornire alla popolazione tutti gli elementi di conoscenza e valutazione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA