«Sara è in coma e non sappiamo perché»

Lo sfogo del papà della giovane operata a Vizzolo e mai svegliatasi

Sta con lei fino a che non chiude gli occhi ogni sera. Le parla per ore e lei, 16 anni appena, non risponde dal gennaio 2010. L’ultimo ricordo che il padre porta con sè risale ai giorni prima dell’operazione che all’ospedale di Vizzolo Predabissi si è trasformata in tragedia. «E ancora non sappiamo cosa è successo - ripete Francesco Ippolito - : non abbiamo avuto una risposta dall’ospedale. Dopo un anno e mezzo non sappiamo ancora se è stata o meno un’appendicite e una serie di complicazioni a portarci via tutto oppure no. Nessuno ci hai mai fatto una telefonata, neanche anonima per dirci: “Ci dispiace, non doveva andare così”. Niente da niente, solo un muro di gomma».

Al dolore sordo di un padre che vede la figlia piena di vita pesare ormai 30 chili, ridotta in stato vegetativo, in un letto del Pio Albergo Trivulzio di Milano, si aggiunge anche la rabbia. «Qualche tempo fa avevo detto di volere solo giustizia, non vendetta - ricorda - : adesso non so se riesco ancora a dirlo». Perché l’indifferenza è una ferita che lacera anche il muro del dolore. Per quantificarlo, esistono delle tabelle che servono per le richieste di risarcimento. Per il danno biologico, in casi come quello della giovane Sara, il risarcimento arriva a superare il milione di euro. A questa richiesta poi, l’avvocato Claudio Santandrea, che cura gli interessi della giovane Sara e della famiglia, sta valutando la possibilità di inserire anche un risarcimento per il danno biologico temporale, che solitamente viene rilasciato in forma di vitalizio annuo. E che potrebbe essere vicino a 50mila euro per ogni anno di vita di Sara, a cui bisogna aggiungere il rimborso per le spese di gestione e il danno per la perdita del congiunto, «perché di fatto la perdita in questo caso è anche peggiore - spiega l’avvocato - e comporta ulteriori sofferenze».

Dall’operazione del gennaio 2010, Sara non si è più svegliata. È stata ricoverata a lungo alla clinica Maugeri di Pavia, monitorata giorno e notte dalle macchine, gli occhi aperti, il suono dei “bip” costanti intorno a lei. Poi il trasferimento al Trivulzio, dove al suo arrivo condivideva la stanza con una giovane 18enne, nelle sue stesse condizioni, strappata dalla capacità di reagire agli stimoli esterni. Che, però, non ce l’ha fatta e se n’è andata in pochi giorni.

La mamma ha preso un congedo parentale dal lavoro, due anni di pausa che le permetteranno di organizzare la nuova vita della famiglia; il papà dopo il lavoro corre da lei, ogni giorno. Un architetto ha già fatto un primo sopralluogo per capire cosa sarà necessario cambiare per permettere a Sara di tornare a casa. Nel frattempo, entro la fine di luglio, si saprà qualcosa di più sul “rebus“ assicurazione, dopo l’annuncio della Llyod di Londra di non garantire la copertura del danno perché «non operativa» al momento della richiesta di risarcimento. Questione che papà Francesco lascia ai legali per occuparsi di sua figlia. «Forse non sapremo mai cosa è successo davvero - dice ancora lui - : io penso a lei che sembra contenta di sentirmi, così attenta. Sto con lei fino a che non chiude gli occhi la sera per dormire. Solo allora riesco ad andarmene». Rossella Mungiello

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