«Sanità, a causa del covid scordato il resto
Il sistema va completamente cambiato»

Il coordinamento territoriale per il diritto alla salute chiede un incontro ai vertici di Ats, Asst perché «in caso di ulteriori emergenze il diritto alla cura sia tutelato»

Una lettera ai vertici di Ats e Asst e a tutti i sindaci del Lodigiano. Perché quello «che è successo durante questa pandemia non si ripeta più». Il coordinamento territoriale per il diritto alla salute ha chiesto alle autorità sanitarie e ai primi cittadini, che sono i responsabili della salute nei loro comuni, un incontro per costruire insieme un nuovo modello di sanità.

Il coordinamento territoriale è una diramazione del coordinamento regionale e nazionale che fa riferimento, a sua volta, ai principi diffusi da Medicina democratica.

L’iniziativa è stata presentata venerdì da Andrea Viani, Silvana Cesani, Giovanni Bricchi, Francesca Di Bella, Nino Bonaldi e Peppo Castelvecchio.

«I coordinamenti come il nostro - spiega Viani -, grazie a una sentenza del consiglio di Stato, sono abilitati a tutelare in giudizio gli interessi delle persone rappresentate. Per questo abbiamo chiesto un tavolo di confronto ad Ats e Asst e ai sindaci del Lodigiano per discutere i punti della piattaforma rivendicativa».

«Intanto - dice Bricchi -, chiediamo che sia data una risposta a tute le prestazioni sospese a causa del covid. Durante l’emergenza sono state sospese 90mila prestazioni. Noi riteniamo che queste 90mil prestazioni siano una inadempienza, un diritto negato ai cittadini. Questi ultimi potrebbero aprire un contenzioso perché è stato leso il loro diritto alla cura».

«Il direttore generale dell’Asst Salvatore Gioia - continua Bricchi - ha annunciato la sua idea di riorganizzazione ospedaliera. Alcuni aspetti sono condivisibili, ma noi chiediamo di discutere bene nel merito per la loro realizzazione ».

Il coordinamento chiederà anche alle autorità sanitarie «come stanno spendendo le risorse del decreto rilancio recepite dalla Regione Lombardia. Il coordinamento territoriale chiede di entrare nel merito di come vengono spese queste risorse, al fine di contribuire a «rendere il sistema sanitario più efficace nella risposta ad un eventuale ritorno della pandemia, ma anche per far fronte alle altre necessità».

«Bisogna elaborare un programma condiviso - annota Di Bella - perché un eventuale ritorno della pandemia non influisca più sulla piena erogazione dei servizi sanitari essenziali».

«La pandemia - prosegue Cesani - ha messo in evidenza la visione ospedalocentrica della sanità lombarda e la distruzione dei servizi (di prevenzione, territoriali e domiciliari). È un problema grave. Vogliamo partire da qui, perché ci siano i servizi territoriali adeguati entro l’autunno. Si parla di “casa di comunità”, ma noi chiediamo una visione prospettica di costruzione dei servizi territoriali. Deve esserci integrazione tra sociale e socio sanitario».

Il coordinamento punta a realizzare “case della salute” nel territorio, previste dalla legislazione nazionale del 2007, e a portare avanti la “medicina d’iniziativa”. «In alcune regioni - annota Cesani - le case della salute hanno funzionato da deterrente anche durante l’epidemia da coronavirus, diversamente che in Lombardia. Si tratta di un luogo fisico, per ricomporre il sistema delle cure primarie e della prevenzione, con la partecipazione collettiva dei cittadini. Alla base c’è un lavoro multidisciplinare, fatto da medici, infermieri che si muovono secondo la medicina d’iniziativa, cioè prima che insorga la malattia. Sono i medici e gli infermieri che si spostano, non il contrario. È una medicina proattiva. A Crema, la prima cittadina ha individuato uno stabile inutilizzato che offre ad Ats e Asst per realizzare la casa della salute».

«Vogliamo che tutti i sindaci siano coinvolti - commenta Castelvecchio - abbiamo scritto anche alla presidente dell’assemblea dei sindaci, Giovanna Gargioni. Vogliamo che tutto il territorio sia coinvolto in questa azione».

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