San Donato: bambino ucciso a otto anni dal padre in un “incontro protetto” obbligatorio, la mamma chiede ancora giustizia

Per la Cassazione i servizi sociali non hanno colpe, la parola alla Grande corte dei diritti dell’uomo

«La Grande camera della Corte europea dei diritti dell’uomo dovrà decidere entro il 6 settembre e dunque rivolgo un appello a tutti per capire cosa stia per accadere, per prendere parola e per dimostrare finalmente solidarietà su un caso non solo sorprendente e feroce ma anche oggetto di una minimizzazione sistematica». Lo ha detto la presidente dell’Unione donne in Italia, Vittoria Tola, nel corso di una conferenza stampa organizzata ieri presso l’Udi. Al centro dell’evento la dolorosa vicenda di Antonella Penati e di suo figlio Federico Barakat, il bimbo di 8 anni ucciso dal padre il 25 febbraio 2009 con 37 coltellate durante un incontro protetto, mentre era affidato allo stato, all’interno di una struttura del Comune di san donato milanese.

La Cassazione aveva assolto tutti gli imputati, i due assistenti sociali e l’educatore in servizio nel centro, ma dopo quella sentenza la madre di Federico aveva presentato appello alla Corte Europea dei diritti umani. Lo scorso 11 maggio la Cedu ha però respinto il ricorso con il quale la donna aveva chiesto la condanna dello Stato italiano per non aver protetto il diritto alla vita di Federico e ora Penati ha chiesto alla Grande Camera di riaprire il caso. Perché «quella sentenza riguarda tutta l’infanzia italiana ed europea e tutte le madre italiane ed europee», come ha ribadito la Penati nel corso di una conferenza stampa nella sede dell’Unione donne Italiane. Antonella Penati aveva denunciato più volte l’instabilità dell’ex marito. Lo stesso Federico, ha ricordato la madre, non voleva vedere quel padre, che negli anni era cambiato, preda di disturbi psichici. Lei era stata definita invece “alienante” e “ipertutelante” e in nome della bigenitorialità erano stati fissati quegli incontri “protetti”. Ma Federico non è stato protetto dall’uomo che poi lo ha ucciso e per il momento della sua morte nessuno è stato ritenuto responsabile. Tra una settimana, il 6 settembre, l’organo ricevente della Commissione Cedu, formata da cinque giudici, deciderà sull’istanza di riapertura del caso. Ma le probabilità che decida in tal senso non sono molte.

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