Recessione e riduzione dei consumi

Gentile direttore, mentre l’attenzione dei media è prevalentemente incentrata sulle prossime scadenze elettorali, sia nazionali che locali, e sulle novità rappresentate dai nuovi soggetti e dalle nuove alleanze, penso non sia fuori luogo richiamare l’attenzione su alcuni dati che sono stati evidenziati recentemente dall’Istat e dalla Confcommercio (del resto già richiamati in un precedente articolo comparso su il Cittadino il 14 gennaio a firma Nicola Salvagnin) in merito agli effetti che sta producendo la pesante crisi in atto ormai da alcuni anni sia nel nostro paese che a livello internazionale. Viene evidenziato che nel triennio 2010-2012 i consumi si sono ridotti del 2,9% , ed ad avvalorare questo dato l’Istat certifica che nel confronto fra terzo trimestre 2011 e terzo trimestre 2012 il potere d’acquisto delle famiglie si è ridotto del 4,4%. Anche a ridosso delle recenti festività natalizie i media hanno tenuto a sottolineare questo dato rapportandolo alla situazione recessiva in atto e quindi portandolo come elemento di giustificazione del calo di produzione, occupazione ecc. E’ un tipo di lettura che ha una sua validità di carattere teorico e che riconduce la crisi attuale ad una crisi di sottoconsumo, trascurando però gli intrecci, che andrebbero messi maggiormente in evidenza, fra economia reale ed economia finanziaria. Ma non voglio entrare in questa discusione che ci porterebbe lontano, mentre mi interessa rilevare il dato di fondo a carattere negativo che si fa rilevare del fenomeno riduzione dei consumi.

Mi domando e domando: e se invece questo fosse l’espressione di un percorso di maturazione in atto nelle persone (persone e non consumatori) certo indotto dalla crisi, ma che sta portando a valutare con maggiore attenzione il tipo di consumi e le priorità da perseguire, di fronte ad un eccesso di consumismo che ha invece prevalso nel periodo di tempo che va dagli anni ‘8o del secolo scorso fino ai tempi più recenti? Il mio tipo di lettura propende più per una interpretazione di questo genere, soprattutto se si tiene presente che ogni anno viene messo in evidenza come l’impronta ecologica che sta lasciando la nostra generazione sia ormai del tutto insostenibile in quanto già oggi sono necessarie annualmente le risorse disponibili di una volta e mezza il pianeta terra per fare fronte alle esigenze della popolazione mondiale. La crisi porta sempre rottura e cambiamento, e se uno degli effetti può essere quello di indurre una riconsiderazione della struttura dei consumi della nostra società ridefinendo delle priorità che possano anche uscire dai condizionamenti della pubblicità e dei media, affermando quindi una maggiore responsabilità delle persone e delle famiglie, questo fatto non può essere visto solo in considerazione degli effetti che può avere sull’andamento dell’attività commerciale. Del resto mi sembra che questo sia uno dei messaggi insiti nel “Libro Bianco per il Lodigiano del futuro” laddove si afferma “mettere definitivamente da parte uno stile di vita e di consumo che non tiene conto delle risorse a nostra disposizione e dell’erosione delle potenzialità di vita di chi verrà dopo di noi”. Un aspetto che ritengo emblematico è quello legato al trasporto privato ed all’uso dell’automobile, con le ricadute di carattere ambientale che tutti conosciamo. Una maggiore oculatezza nell’uso dell’automobile, una riconsiderazione rispetto al trasporto pubblico, che potrebbe essere ulteriormente rafforzata se treni e bus offrissero servizi più rispondenti alle esigenze degli utenti, la rivalutazione come mezzo di trasporto, anche se sulle brevi distanze e soprattutto in città, della bicicletta fanno parte di queste ricadute positive da non sottovalutare.

Certo è forte la preoccupazione che, senza una ripresa dei consumi, non c’è possibilità di ripresa per la nostra economia, ma se vogliamo evitare un semplice ritorno all’indietro occorre necessariamente entrare maggiormente nel merito della tipologia di consumi che occorrerà privilegiare. Fermo restando che per quanto riguarda i consumi individuali, le scelte di politica economica non possono avere che un effetto di orientamento (anche qui tornando all’aspetto trasporti, è chiaro che il sensibile aumento del costo dei carburanti non può che scoraggiare l’utilizzo del mezzo privato) l’attenzione deve essere maggiormente incentrata sui consumi sociali, quelli che interessano la generalità della popolazione e che attengono proprio alle scelte politiche. Su questi ritengo che occorrerà determinare una forte inversione di tendenza rispetto alle scelte che sono state fatte in questi ultimi anni in merito ad istruzione per i giovani, e non solo, assistenza sociale per le persone fragili ed anziane, infrastrutture, in quanto si è trattato di scelte che hanno palesemente contraddetto la evoluzione della nostra società che richiede sempre di più un potenziamento dei percorsi formativi, maggiori servizi per la popolazione anziana per supportare le maggiori aspettative di vita , e manutenzione delle città e del territorio per fare fronte al loro progressivo degrado. Non sfugge che un maggiore investimento in questi ambiti può inoltre contribuire a rilanciare una occupazione qualificata, rispondente anche alle maggiori aspettative di chi è in cerca di lavoro. C’è da augurarsi che , nella campagna elettorale che si sta aprendo, le forze politiche sappiano mettere al centro queste problematiche, dando l’opportunità agli elettori di effettuare una scelta consapevole prima di tutto sul merito delle proposte che verranno presentate.

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