Quel primo viaggio tra gli ultimi

Il primo viaggio di Papa Francesco sarà a Lampedusa, l’estrema frontiera delle migrazioni, la Porta d’Europa, luogo simbolico di speranza o, al contrario, di morte e disperazione. Lunedì 8 luglio il Papa celebrerà una Messa nello stadio per gli immigrati e la popolazione locale e getterà una corona in mare per tutte le vittime dei “viaggi della speranza”, oltre 19 mila dal 1988 ad oggi. La notizia è giunta inaspettata, ma l’invito era partito dalla comunità cattolica dell’isola, che a marzo gli scrisse una lettera nella quale chiedeva al Papa di “farsi pellegrino in questo santuario del creato, dove per migliaia di migranti, senza patria e senza nome, è rinata la speranza del domani nella certezza amica dell’oggi”.“La comunità è emozionatissima, è un sogno che diventa realtà. Per un giorno Lampedusa diventerà il centro del mondo. Non mi aspettavo che avrebbe detto sì, almeno non così presto - confida oggi al Sir don Stefano Nastasi, parroco di Lampedusa -. Anche il nostro arcivescovo monsignor Montenegro l’aveva invitato durante la visita ad limina. L’abbiamo saputo una settimana fa, in via riservata”. “Il nostro atteggiamento - afferma - sarà quello dell’ascolto. Abbiamo tanto parlato, ora è il momento di ascoltare quello che il Signore ha da dirci attraverso il vescovo di Roma. Questo è l’atteggiamento che avremo, con molta semplicità, come è nello stile della comunità lampedusana, con quella generosità del cuore che la contraddistingue”. Secondo il parroco, “questo viaggio va letto nell’ottica della scelta del Papa di partire da una periferia geografica ed esistenziale”: “È il suo primo viaggio, Papa Francesco vuole partire da qui per dire che la periferia ha qualcosa da raccontarci. Vuole ascoltare e nello stesso tempo dare un messaggio che parta dalla periferia e vada verso il centro del cuore dell’uomo”. “Papa Francesco, profondamente toccato dal recente naufragio di un’imbarcazione che trasportava migranti provenienti dall’Africa - si legge in una nota della sala stampa vaticana -, ultimo di una serie di analoghe tragedie, intende pregare per coloro che hanno perso la vita in mare, visitare i superstiti e i profughi presenti, incoraggiare gli abitanti dell’isola e fare appello alla responsabilità di tutti affinché ci si prenda cura di questi fratelli e sorelle in estremo bisogno. A motivo delle particolari circostanze, la visita si realizzerà nella forma più discreta possibile, anche riguardo alla presenza dei vescovi della regione e delle autorità civili”. La visita a Lampedusa avverrà in mattinata, con la maggiore “semplicità e discrezione possibile”, ha precisato padre Federico Lombardi: “Il Papa percorrerà un breve tratto in mare su una barca, getterà una corona di fiori in memoria dei molti scomparsi e quindi, arrivato al porto, saluterà le autorità locali e celebrerà una Messa di suffragio”, ripartendo in tarda mattinata. La comunità cattolica sta lavorando alacremente all’organizzazione, con pochissimi giorni a disposizione. La Messa sarà nello stadio: non si sa ancora la capienza, che può variare dalle 5mila alle 10mila persone. Il viaggio del Papa è un indice puntato che ricorda alle nostre coscienze civili e cristiane che i morti in mare c’interpellano, ci riguardano, e non possono lasciarci indifferenti. Ma il Papa ha scelto di “uscire” dalle mura del Vaticano per evangelizzare. Si reca a Lampedusa non per trovare soluzioni politiche all’annoso fenomeno dei migranti - anche se la Chiesa agrigentina e italiana, più volte e in diverse occasioni, ha chiesto con forza di coniugare la legalità con il rispetto della dignità umana e l’accoglienza - ma per dire, proprio da Lampedusa, che un’accoglienza e una convivenza diversa è possibile. Che accanto alla professione di fede in Dio bisogna formulare l’atto di fede nell’uomo.Per dire – lì dove speranza e disperazione si materializzano nel volto di questi fratelli soccorsi in mare - che ai segni del potere bisogna contrapporre “il potere dei segni” che la comunità isolana profeticamente ha mostrato, all’Italia e al mondo, in decenni di accoglienza e, in particolare, nei giorni dell’emergenza del 2011 quando, prima e meglio delle istituzioni, ha saputo incarnare la pagina del Vangelo: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, ero nudo e mi avete vestito, straniero e mi avete accolto...”.Ma il contorno entro cui s’iscrive la visita del Papa è certamente quello dell’apostolo che va con in mano solo il Vangelo. Il Papa, toccato dalla tragedia umana dei migranti, va a Lampedusa per pregare per coloro che hanno perso la vita in mare, visitare i superstiti e i profughi presenti sull’isola e incontrare la comunità ecclesiale, entrambi periferia geografica ed esistenziale di un’Europa e di un’Italia, che tante, troppe volte, hanno girato la testa altrove per non vedere o non sentire e che continuano a trattare il fenomeno dei migranti in modo emergenziale, quando in realtà gli sbarchi sono ormai un fenomeno fisiologico che merita bene altre attenzioni e politiche nazionali, ma soprattutto europee, organiche e corresponsabili. La Chiesa agrigentina, la diocesi a cui appartiene Lampedusa, ha subito accolto “con immensa gioia” la notizia della visita di Papa Francesco alla comunità di Lampedusa. “È un dono di grazia straordinario - scrive oggi in un messaggio monsignor Francesco Montenegro, arcivescovo della diocesi siciliana -, del quale intendiamo, sin da adesso, ringraziare la Divina Provvidenza e la premura apostolica del successore di Pietro”. “La scelta dell’isola di Lampedusa, come primo viaggio, da parte del Santo Padre - osserva mons. Montenegro -, è essa stessa un messaggio forte che ci aiuta a leggere la storia con gli occhi di Dio”. L’avere scelto Lampedusa è già un messaggio forte e chiaro per la Chiesa e se, per assurdo, il Papa non dovesse proferire parola basterebbe il semplice fatto di averla scelta e visitata per ricordare alla Chiesa che essa è prolungamento di Cristo nella storia. Dagli estremi confini d’Italia e d’Europa, mentre altrove “pezzi di Chiesa ammalata” di carrierismo e affarismo, collusi con i potenti di questo mondo scandalizzano, nel cuore del Mediterraneo, Papa Francesco lancia un salvagente, alla Chiesa, a cui aggrapparsi per non affondare: la scelta preferenziale al servizio dei poveri e degli ultimi.

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