Quegli adulti che sfruttano i giovani

di Paola Bignardi

“Se fossi una donna, domenica (13 febbraio, ndr) sarei in quella piazza – ha scritto il direttore di ‘Avvenire’, Marco Tarquinio – per ribellarmi alla réclame dell’escortismo che sta appestando i giornali e ci appesta la vita”. E – si potrebbe aggiungere – che già sta producendo i suoi effetti sul modo di pensare se stesse, i rapporti uomo-donna e il senso della sessualità di ragazzine e adolescenti, quelle che secondo le cronache di questi giorni che mettono su YouTube foto e sequenze che le ritrae o ritrae i compagni in scene di sesso, spregiudicate e ciniche. E lo fanno per avere danaro per comprarsi una borsa firmata, o un cellulare alla moda, o un abito che non potrebbero ricevere dai loro genitori. È il clima che si respira in questi giorni! Banalità del modo di interpretare la propria vita; sesso ridotto ad “affare”; mancanza di consapevolezza e di responsabilità di adolescenti che desiderano soprattutto la ribalta della cronaca e magari apparire in tv.

Ma se ci si fermasse a deprecare i comportamenti dei più giovani si sarebbe ipocriti e non si considererebbe il fatto che molti di questi ragazzi non hanno avuto chi li aiutasse e li accompagnasse nella difficile impresa di capire il senso della vita e di orientarsi in essa: nei casi più fortunati, hanno avuto regole, ma non significati, progetti e ideali.

E poi, dietro la leggerezza di ragazze e ragazzi vi è un mondo adulto che sfrutta compiaciuto, un mercato che li spinge su questa strada, genitori e insegnanti che non sanno affrontare le questioni vere dell’esistenza in un dialogo schietto e capace di proposte, una società che non riesce a offrire loro né lavoro, né casa, né spazi per assumersi le responsabilità adulte della vita.

Ben venga una manifestazione che rimetta sotto gli occhi di una società troppo distratta la questione della dignità della donna, alla quale papa Giovanni Paolo II, vent’anni fa, ha dedicato uno splendido documento: Mulieris Dignitatem appunto!

Il fronte della questione femminile ha oggi nuovi e più pericolosi percorsi: non più solo quelli tradizionali, ma quelli propiziati dalla banalizzazione ostentata del sesso, dalla mercificazione del corpo e dei sentimenti della donna, dalla latitanza dell’educazione e che si esprime con forme nuove di degrado, di violenza, di sfruttamento, talvolta in forme più sottili e più subdole di quelle del passato.

La condizione della donna è spia del disagio di una società e coinvolge donne e uomini; una società decadente, ripiegata su se stessa, alla ricerca di piccoli piaceri, senza slanci, senza ideali, senza aperture, senza grandi desideri.

Poco tempo fa due intellettuali, Liliana Cavani ed Emma Fattorini, dalle pagine di un quotidiano hanno lanciato la proposta di un Sinodo sulla donna. È una proposta che fa pensare, perché dice come la questione femminile sia ancora percepita come questione, e così importante da meritare il dibattito tra i vescovi che rappresentano l’episcopato di tutto il mondo. Ma oggi non c’è bisogno di nuovi pronunciamenti ufficiali o di nuovi documenti: la Chiesa, soprattutto dopo il papato di Giovanni Paolo II, ha sulla condizione femminile alcuni tra i documenti più belli e più coraggiosi, quali la Mulieris Dignitatem e la Lettera alle donne.

Documenti ampiamente disattesi nella vita quotidiana, anche da quella delle comunità cristiane. Dunque non si tratta di attenderne altri, ma piuttosto di trasferire nella concretezza della vita di ogni giorno ciò che il magistero ha già dichiarato.

Personalmente ritengo che non di un Sinodo, ma di molta buona educazione ci sia bisogno per dare oggi alla donna condizioni di vita in cui sia rispettata la sua dignità e la possibilità di essere se stessa secondo le sue scelte. Educazione, e non certo solo per le donne, ma per tutti, uomini e donne. Perché non si può non dire che per ogni donna che è sfruttata, vi è quasi sempre un uomo che richiede e spesso paga in moneta sonante la mercificazione del suo corpo.

E c’è anche bisogno di un severo esame di coscienza sul modo con cui, attraverso i nostri comportamenti privati e pubblici, contribuiamo a delineare la cultura diffusa della società in cui viviamo. Quella che respiriamo tutti ogni giorno; quella che costruisce l’identità e la personalità delle nuove generazioni.

di Paola Bignardi

© RIPRODUZIONE RISERVATA