Quando nevica ipocrisia

Ci risiamo. Non più tardi di un mese fa avevamo posto l’accento sull’assurdità di un calendario calcistico che, nel momento di massima allerta atmosferica, con gelo, neve e ghiaccio in abbondanza, concentrava il massimo delle partite nei turni serali. Ora questi timori si sono trasformati nel più grottesco carrozzone di rinvii, polemiche, recuperi forzati che la storia del nostro campionato di Serie A ricordi. Lo strapotere delle tv induce una programmazione che oggi molti addetti ai lavori giudicano folle, ma che al momento della compilazione dei calendari avevano tranquillamente sottoscritto per portare a casa più introiti possibili. Il maltempo eccezionale che in questi giorni ha stretto in una morsa l’Italia ha fatto il resto, anche se sembra un po’ semplicistica la tesi del presidente di Lega Beretta, secondo cui “si è sempre giocato, ma negli altri anni non era successo niente”. È come se, per paradosso, si sperasse sempre nello stellone per scongiurare a inizio stagione eventi atmosferici previdibilissimi in questo periodo. Eppure proprio in queste settimane viene fissato un turno infrasettimanale di Serie A, vengono giocate le partite di ottavi, quarti e semifinali di Coppa Italia, quasi tutte rigorosamente in notturna, con la possibilità spesso, puntualmente verificatasi, di andare ai supplementari, lasciando all’addiaccio anche oltre tre ore gli spettatori sugli spalti, mentre i giocatori devono esibirsi in improbabili evoluzioni, non tanto per giocare bene, quanto per tenersi in piedi. La partita emblema di questa follia meteorologica-calcistica ce l’ha fornita due settimane fa Inter-Palermo: tutti hanno lodato la spettacolarità di un match giocatosi sotto la neve e in condizioni proibitive, con un risultato pirotecnico, 4-4, difficilmente ripetibile se le squadre avessero potuto schierarsi su un campo normale, anziché annaspare tra neve e ghiaccio con possibili infortuni, muscolari e traumatici, sempre in agguato. Ora tutti gridano allo scandalo, fanno le barricate contro l’inciviltà di chi manda allo sbaraglio giocatori e spettatori, invocano misure eccezionali per il futuro. L’ipocrisia “nevica” ovunque: nessuno però fa notare che pur di schierare 20 squadre il nostro pallone è andato incontro a un impoverimento tecnico pauroso. E nessun calciatore vuole sentirci quando si chiede ai club di anticipare la data d’inizio del nostro campionato ad agosto, come succede ovunque, dalla Francia all’Inghilterra, dalla Germania alla Spagna. D’estate la gente si gode di più le partite, gremisce gli spalti in ogni ordine di posti, rispetto a queste malinconiche domeniche sera al gelo, dove anche partite di cartello diventano appuntamento per pochi intimi e l’unica preoccupazione è quella di non ammalarsi e tornare a casa il più presto possibile. Capire queste esigenze vorrebbe dire avere rispetto per chi gioca e chi guarda da appassionato questo sport: purtroppo comanda la logica del telecomando, un modo originale di concepire lo sport, ormai immolatosi sull’altare del profitto come unico vero obiettivo, in grado di far sembrare estive anche le giornate polari.

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