Quali risposte dopo la bufera?

Gli eventi del sud Mediterraneo hanno preso l’Europa, intesa come singoli Stati, dai più grandi ai più piccoli, e come Unione Europea, alla sprovvista. Le reazioni sono state contraddittorie e in ordine sparso. Ora sembra che si stiano prendendo le misure e ci si avvii ad una prospettiva più seria, più stabile e più lungimirante. Si intrecciano infatti almeno tre temi. Il primo è la questione dello sviluppo interno ai Paesi del sud Mediterraneo, il secondo l’emigrazione, il terzo la stabilità e gli indirizzi dei diversi sistemi politici. La miscela dei tre livelli, che ovviamente tra loro sono strettamente intrecciati, è esplosiva e ha rischiato, nelle scorse settimane, di fare saltare la fragile trama dell’Unione, soprattutto in presenza di un fatto nuovo, cioè il basso profilo degli Stati Uniti, che della riottosa pattuglia delle piccole - grandi potenze europee sono comunque il necessario punto di riferimento. Dopo il disorientamento deve venire il tempo dell’Unione, che ha un processo decisionale lento e contraddittorio, che sconta gelosie e complessi tra gli Stati, una strutturale rigidità burocratica, mezzi di azione modesti, al di là di quelli che gli stessi Stati membri possono mettere in campo. Ma l’Unione è l’unico soggetto di peso sufficiente per tenere insieme i tre piani, i tre corni della sfida del sud-mediterraneo. Allora occorrerà cominciare a parlare della soluzione politica della crisi libica, come finalmente si comincia a fare, e poi di un piano coordinato di investimenti in Tunisia, Egitto, senza dimenticare Algeria e Marocco. Sono decenni, dal cosiddetto processo di Barcellona, che la questione è posta. Ora l’occasione potrebbe essere propizia per procedere. E così, in un sistema di relazioni serio e di lungo periodo con la sponda meridionale, si potrà affrontare la questione dell’immigrazione, in una forma che non può essere semplicemente la rincorsa delle emergenze. Anche se ovviamente le emergenze generano rendite politiche succose. Quel che vale per l’Unione vale, come in scala, per l’Italia, che è una realtà complessa, fatta di molti attori. Il rischio è sempre quello della confusione e dell’inconcludenza, anche se la gestione delle emergenze spesso fa emergere aspetti imprevedibili del genio italico. Come per l’Unione, così la gestione e gli esiti di questa crisi rappresentano un esame importante di maturità anche per il nostro Paese. Quel che vale per il governo, le opposizioni, le istituzioni, vale anche per i cittadini. È il momento di assumere nuova coscienza dei nuovi assi geo-politici del mondo e dei trend demografici causati dalla decrescita della natalità. Se non lo faremo, tutti insieme, nell’arco di pochi anni rischiamo, disorientati e progressivamente marginali, di consegnarci ad una lenta, protetta, ma inevitabile decadenza.

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