Nessuno sa quale sorte sarà riservata alle Province italiane, in attesa del referendum del 4 dicembre prossimo. Ma è quasi scontato che le realtà più piccole – e tra queste c’è la Provincia di Lodi – non avranno una lunga vita. Non possiamo pertanto immaginare neppure quale sarà il futuro della prestigiosa sede della Provincia di Lodi, ricavata dal totale (e ingentissimo!) recupero dei due antichi e prestigiosi monasteri di San Domenico e di San Cristoforo. Già oggi, a seguito della “fuga” e dei trasferimenti dei dipendenti della Provincia, i due complessi sono in parte vuoti e sottoutilizzati.
Sarebbe un’ulteriore sconfitta assistere, nei prossimi anni, a decisioni nefaste assunte a Roma e finalizzate alla messa all’asta delle sedi provinciali di Lodi. Questi edifici fanno parte della storia del Lodigiano e devono assolutamente rimanere al nostro territorio, continuando a essere utilizzati a scopi pubblici.
Perché non pensare dunque a una nuova destinazione, almeno per uno dei due complessi monumentali? La Provincia di Lodi, svuotata di deleghe e di dipendenti, non potrebbe ritirarsi nel solo edificio di San Cristoforo, lasciando ad altri scopi l’ex convento di San Domenico?
Le istituzioni del Lodigiano riflettano sul futuro da assegnare almeno a uno dei due complessi della Provincia, ricordando che non è questo il tempo di vivere alla giornata, e se si vogliono cambiare i destini di una città e di un territorio occorre pensare alla grande.
Noi una proposta ce l’abbiamo, ed è la seguente.
Lodi è tra le antiche città italiane a non avere un museo. Non lo possiede più da quindici anni, i suoi spazi (che erano sparuti) sono stati occupati e riconvertiti nell’ampliamento della Biblioteca Laudense. E il progetto – risalente a più di vent’anni fa – di trasformare in sede museale “la Cavallerizza” è abbandonato nei cassetti di Palazzo Broletto, nella consapevolezza che nella ex chiesa dei Domenicani potrebbe trovare una collocazione solo una minima parte dei pezzi del Museo.
Perché dunque non immaginare a un grandioso Polo museale, che occupi l’intero complesso di San Domenico e la Cavallerizza? Si aprirebbero prospettive molto felici: Lodi anzitutto potrebbe contare su un Museo della ceramica allestito con criteri moderni, capace di attirare donazioni private (quanta ceramica antica si trova ancora oggi in tante case dei lodigiani…) e anche oggetti di maiolica “Vecchia Lodi” ottenuti in comodato.
E perché non pensare di trasportare in San Domenico il Museo della Stampa creato e ospitato fino ad oggi in luoghi privati, nella città bassa? Perché non progettare qui il contenitore di tutti i dipinti provenienti dallo storico Museo Civico, unendo a questi anche quelli della quadreria dei benefattori dell’Ospedale Maggiore? Perché non ricavarvi sale idonee a ospitare (anche in comodato gratuito) i dipinti e le sculture degli artisti lodigiani del Novecento, costituendo una ricca sezione d’arte moderna? Non potrebbe essere ubicato in San Domenico anche il Museo di Paolo Gorini con i suoi impareggiabili reperti? Non potrebbe essere acquistata l’immensa collezione di cartoline storiche lodigiane (sono più di diecimila) oggi di proprietà di un privato, per essere esposta stabilmente al pubblico?
E perché non coinvolgere, in un simile grandioso progetto, anche l’ex chiesa di San Cristoforo, di proprietà privata, che potrebbe a sua volta essere tramutata in Museo d’arte sacra? E non è possibile – pensando sempre “alla grande” – immaginare in questo contesto anche il coinvolgimento del palazzo dell’ex distretto militare, attualmente sottoutilizzato, che si innalza tra la via Lodino e la via Fanfulla? Si potrebbero tenere in San Domenico anche quegli appuntamenti che in questi anni si sono rivelati un momento di grande attrattiva per la città: pensiamo, ad esempio, al festival della Fotografia etica.
Perché non pensare a un San Domenico da riconvertire in un polo culturale-espositivo che interagisca con alcuni dei musei presenti nel territorio, dotati di un ricchissimo patrimonio, ma con scarse risorse per la propria autopromozione e un giusto rilancio? Perché non far conoscere in tutto il nord Italia ciò che contiene lo scrigno della Pinacoteca Lamberti di Codogno o i musei ospitati nel suggestivo castello Morando Bolognini di Sant’Angelo Lodigiano? Lo stesso dicasi per alcuni dei musei legati al lavoro dei campi, diffusi nel Lodigiano, alcuni dei quali ricchi di migliaia e migliaia di oggetti e di attrezzi: una vera chicca per i visitatori, ma senza mezzi per farsi conoscere nella grande Milano. Un polo museale creato a Lodi, in grado di lavorare insieme alle realtà piccole e grandi dei musei sparsi per tutto il territorio.
Il bacino d’utenza dell’hinterland metropolitano milanese è di parecchi milioni di residenti. Oggi, grazie, a Trenord, sono triplicati i treni che collegano Milano al Lodigiano. Un grande Polo museale a Lodi potrebbe diventare volano di mille iniziative e manifestazioni: ricordiamo ciò che è diventato, per la città di Brescia, il polo di Santa Giulia.
È solo un sogno?
E dove trovare i finanziamenti per concretizzare questa proposta?
Tra due anni il Lodigiano potrà nuovamente contare sugli stanziamenti dei fondi emblematici Cariplo. Occorre fare in modo che quell’ingente somma - una decina di milioni di euro - venga destinata alla cultura e alla promozione del territorio, dotando Lodi di un polo museale moderno, capace accendere sulla città e sul Lodigiano le luci della ribalta del turismo di Lombardia e non solo di quello.
L’ultimo stanziamento dei fondi emblematici Cariplo si è rivelato un disastro. Sono stati indirizzari fior di finanziamenti alla promozione della Via Francigena, al progetto di navigazione del Po, a un’idea che doveva trasformare la minuscola comunità di Corte Sant’Andrea in un centro nevralgico per la promozione del Lodigiano. Purtroppo, soldi buttati: dilapidati, spariti in mille rivoli. Non sono rimaste neppure le briciole sufficienti a restaurare l’antico arco che immette in Corte Sant’Andrea, e delle migliaia di turisti che dovevano accorrere sul posto ne abbiamo contate solo sparute decine. È inutile piangere sul latte versato, ma non possiamo più commettere un simile errore.
Le istituzioni del Lodigiano riflettano sul futuro delle sedi della Provincia. E coinvolgano fin da ora le Fondazioni e le banche del territorio, perché diano vita a una Fondazione in grado di gestire il Polo culturale.
È ora di guardare lontano, ricordando sempre che le speranze del Lodigiano non sono fatte di minuscoli sogni sgangherati, ma di maestosi progetti. Il futuro è già domani.
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