Pronto soccorso, medici in fuga

Cause legali e problemi. Gira e rigira tutti se la prendono con i medici del pronto soccorso. E più nessuno vuole lavorare in questo reparto. Anche l’ultimo concorso per medici è andato deserto.

Il primario Maurizio Buvoli lancia l’allarme, mentre il reparto si prepara ad avere un nuovo responsabile, la prossima settimana.

«L’emergenza medici non si ferma - commenta Buvoli -. L’ultimo bando è andato deserto. Dobbiamo ricorrere a medici pagati a gettone per tappare i buchi. Adesso, dovrà essere bandito un nuovo concorso, ma i tempi burocratici sono lunghissimi. Anche gli infermieri mancano, ma la carenza di infermieri sta andando avanti da troppo tempo. È difficile trovare qualcuno disposto a lavorare in prima linea. A settembre se ne andrà un altro medico strutturato».

Un altro medico ancora, dopo l’ultima causa ai danni dei camici bianchi del reparto di Lodi, si è dimesso.

«Ognuno di noi - aggiunge Buvoli - deve svolgere metà del suo orario al 118. Per ognuno di noi che manca, quindi, è come se mancassero due persone. Attualmente siamo sotto di 3 unità. A Codogno, invece, abbiamo una dottoressa in gravidanza che non è mai stata sostituita. Lì ce la caviamo con qualche collega in libera professione, ma a Lodi la situazione è più grave ancora. È una condizione che dura da novembre. Il problema è che in pronto soccorso i medici non hanno più tutela. I dottori vanno a fare lavori più tranquilli. Peccato che gli accessi qua siano in aumento continuo».

Nel 2013, al pronto soccorso di Lodi, si sono rivolte circa 3mila persone in più rispetto all’anno precedente e nell’ambulatorio dei codici minori oltre 2mila in più.

A Codogno, invece, ci sono stati tra i 500 e i 600 accessi in meno, mentre il punto di primo intervento di Sant’Angelo aperto 5 giorni a settimana, per 8 ore al dì, da un medico e un infermiere, visita meno di 10 persone al giorno.

Ci sono dei giorni, spesso all’inizio della settimana, che gli accessi al pronto soccorso del capoluogo arrivano addirittura a circa 170.

L’allarme era stato già lanciato da Buvoli e anche dal suo predecessore Pierdante Piccioni.

«Abbiamo molti pazienti anziani - aveva detto Buvoli -. Si tratta di malati che vanno studiati bene, sono cardiopatici, hanno molte patologie insieme. Non possono essere mandati a casa in breve tempo. Dobbiamo tenerli in ospedale, monitorarli per diverse ore e questo rallenta la rotazione dei letti. C’è poi sempre questa abitudine di ricorrere al pronto soccorso, invece che al medico di famiglia. È chiaro che se uno ha un dolore toracico deve rivolgersi qui, ma c’è veramente chi viene da noi per patologie che non sono da reparto di emergenza. La medicina territoriale ha bisogno di essere rivista. Siamo l’unico paese europeo con il pediatra di base, eppure gran parte degli utenti lo scavalca. Anche le indagini diagnostiche devono essere velocizzate, altrimenti passano tutti di qua».

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