Popolare, rimarrà solo il nome?

L’ennesima rivoluzione che si appresta a calare come una scure sulle ultime briciole di autonomia della Banca Popolare di Lodi è tale che non può lasciarci in silenzio. La grave crisi che ha travolto il mondo occidentale ha influito in modo pesantissimo anche sulle banche. Il titolo del Banco Popolare dal luglio del 2007 ad oggi è passato da oltre 15 euro a meno di 1,50, riducendosi a un decimo. I soci, inutile dirlo, ne sono imbufaliti. Le ovazioni e gli applausi che hanno accompagnato l’ultima assemblea tenuta a Lodi sono stati lo smalto caramellato che ha coperto il fuoco del malcontento che cova sotto la cenere. Nel Lodigiano quel malcontento è ancora più marcato. La soluzione proposta da Verona è una sola: risparmiare, spendere il meno possibile, vendere il vendibile (ma cos’è rimasto da vendere?), tagliare i costi, mandare a spasso millecento dipendenti, sciogliere tutti i consigli d’amministrazione degli istituti di credito che costellano l’universo del Banco Popolare, dar vita a un solo “bancone” governato da un unico consiglio d’amministrazione, con la sola cabina di regia nella città dell’Arena. Anche perché, dicono a Verona, i cda delle banche locali hanno dimostrato di non essere in grado di interagire con il territorio, talvolta siedono in essi personaggi la cui unica preoccupazione sono gli emolumenti dei gettoni di presenza, i soci e le istituzioni locali non si sentono rappresentati da essi. È vero, ma chi ha messo costoro all’interno dei consigli d’amministrazione, chi li ha scelti, se non i veronesi?

La cura proposta dal Banco (taglia taglia taglia...) può avere effetti dirompenti. La peculiarità delle banche popolari è di essere banche dei territori. Banche della gente, fondate da galantuomini nel tessuto sociale di piccole città. Tiziano Zalli diede vita alla Popolare di Lodi nel 1864, 147 anni fa.

Cosa distingue la banca di Chiavari dalla banca di Lodi se non la loro differente identità, le loro storie, la loro cultura? I soci, la clientela, la gente, si riconoscono nelle banche popolari perché sono parte integrante della loro terra. Sono come il gonfalone dei municipi, le torri dei campanili, il colore dei fiumi, le statue dei patroni, il dialetto, il giornale della tua terra.

Svuotarle dei loro contenuti per farne un “bancone” può avere effetti che neanche immaginiamo. Cancellando la territoritorialità delle singole banche - che per le Popolari costituisce la scommessa vincente - cosa le differenzierà dagli altri istituti di credito nazionali?

E quando i lodigiani non sentiranno più “di Lodi” la loro Popolare, perché mai non dovrebbero farsi allettare dalle proposte finanziarie delle altre trenta banche operanti nelle nostre città?

La preoccupazione che vivono i dipendenti della Banca Popolare di Lodi, di Crema, di Cremona, è tangibile. Provate ad andare a lavorare sapendo che hanno annunciato mille licenziamenti e che voi potreste essere tra questi. Come si può “fare banca” in un simile frangente?

E allora, che fare? Chiediamo al Lodigiano uno scatto d’orgoglio. Non possiamo più assistere da spettatori al continuo depauperamento della nostra terra, che ci appartiene. Ad averne bisogno è tutto il Lodigiano, dove l’economia affonda, i giovani non trovano lavoro, dove non si arriva alla fine del mese. Dove la vita è talmente grama che per fare le comparse in tre giorni di riprese televisive (pagamento: 176 euro) cercano 500 persone e se ne presentano 1200 e sono costretti a oscurare il sito Internet che raccoglieva le iscrizioni perché si sarebbe arrivati a duemila.

Non tocca a noi vagliare il piano industriale di una banca, non è nostro compito farlo. Ma noi siamo il giornale della gente.

E cosa ne pensa la gente di questa situazione? Qual è l’opinione degli abitanti di questa terra sul futuro della Banca Popolare? È giusto svuotarla, perderla per sempre?

Scrivetecelo. Se tutti staranno zitti ne prenderemo atto, vorrà dire che abbiamo sbagliato a scendere in campo e che non ci meritiamo altro. Però vogliamo almeno provarci.

Noi ci siamo. E voi?

Scriveteci. Pubblicheremo la vostra opinione, la pagina delle lettere è spalancata, affinché sia di stimolo e di riflessione a quanti, in questi giorni, lontano da Lodi, stanno decidendo sul futuro di una banca che è entrata nella storia di Lodi e del Lodigiano. Sappiano coloro che rappresentano il nostro territorio a Verona, nelle stanze dei bottoni, che stanno giocando una partita per la quale saranno giudicati dalla storia.

Vogliono avocare a sè tutte le decisioni? Si accomodino, hanno poteri e titoli per farlo. Ma quando della Banca Popolare di Lodi non sarà rimasta che la vecchia insegna con il nome datale da Tiziano Zalli, e la gente - i soci in particolare - capirà che quella è una banca come le altre e che di Lodi porta casualmente solo il nome, non vengano a piangere sul latte versato. Allora gli slogan di una “banca delle piazze”, della “banca del territorio”, della “tua banca” suoneranno come parole vuote.

E la clientela ne tirerà le conseguenze.

Il futuro della Banca Popolare, a rischio di perdere la sua autonomia, anima il dibattito sul territorio. All’editoriale del direttore del «Cittadino» Ferruccio Pallavera, alleghiamo il comunicato congiunto del sindaco di Lodi e del presidente della Provincia e le lettere arrivate in redazione

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