Popolare, preoccupazioni per il futuro

Ci sono grandi timori per la perdita definitiva dell’autonomia

Le Banche Popolari di Verona, Lodi e Novara tutte insieme, fuse in un unico “bancone”, con un solo consiglio di amministrazione e una singola cabina di regia, ovviamente a Verona. Non solo. Taglio di 180 filiali. E poi 2.220 dipendenti coinvolti nella ristrutturazione dell’organico, di cui 1.100 destinati “all’arricchimento della rete” e 1.120 classificati nella “riduzione dell’organico”. E ancora - ma qui non ci crede nessuno - l’acquisizione di 250mila nuovi clienti in soli quattro anni.

Novara è insorta e non ne vuole sapere di perdere indipendenza e autonomia. Sulla “Stampa” di Torino appaiono ogni giorno articoli al calor bianco. Lodi (a parte le prese di posizione del sindaco del capolugo e dei presidenti di Provincia e Camera di commercio) sonnecchia. Mille dipendenti che cambiano lavoro e altri mille che verrebbero lasciati a casa. Vabbè che sono mille in tutta Italia, ma registriamo (almeno per ora) il silenzio tombale dal sindacato, neppure un altolà. È come se a nessuno importasse nulla del futuro della Banca Popolare di Lodi.

La facciamo noi qualche considerazione.

Lodi ha una Banca Popolare dal 1864. È la prima banca popolare sorta in Italia. Su di essa, per almeno centovent’anni, è ruotata la vita economica della città e di parte del suo territorio. È giusto cancellarla con un colpo di spugna?

Lodi e il Lodigiano, sul tema della Banca Popolare negli ultimi anni ne hanno viste e vissute di tutti i colori.

All’epoca di Gianpiero Fiorani la città era diventata il centro del mondo. Il Forex tenuto in piazza della Vittoria con le passeggiate del Governatore della Banca d’Italia nel salotto buono di Lodi non faceva presagire un epilogo talmente tragico, segnato dall’arresto del banchiere più emergente d’Italia. E subito dopo, la calata in massa delle troupe televisive, a filmare quella che era ormai definita “la città dei furbetti”, per non dire “dei ladri”.

Poi, il nuovo corso, con un amministratore delegato pescato in Toscana, che prometteva di raddrizzare le sorti della banca senza tagli né dismissioni: «Io non ho mai venduto nulla in vita mia», annunciò al giornalista del “Cittadino”. Risultato: dopo un anno la storica Popolare di Lodi era in vendita. Dissero che i debiti erano troppi e talmente abissali che era impossibile mantenerla autonoma. Si scoprì, poi, che la Popolare avrebbe potuto farcela da sola, senza alcun matrimonio forzato.

Ancora: quando arrivarono a Lodi i veronesi dichiararono in una pubblica assemblea che loro erano il “cavaliere bianco” della situazione, giunto a sposare la bella principessa. Misero per iscritto una serie di promesse, firmate e controfirmate, nelle quali garantirono, tra l’altro, che attraverso una Fondazione bancaria su Lodi e il Lodigiano ogni anno sarebbero stati distribuiti 8 milioni di euro. Ne sono arrivati meno della metà.

È sufficiente fermarsi a parlare sulla piazza del mercato di Lodi per sentirsi rispondere da tutti la medesima cosa. La gente non crede più a chi fa promesse mai mantenute. Troppe volte, e in pochi anni, è stata presa in giro.

Le domande si sprecano: con l’applicazione del piano di riorganizzazione delle banche, cosa perderà ulteriormente Lodi? Resterà solo il nome? Cosa ci guadagnerà? Sarà salvaguardata l’occupazione? Quale autonomia rimarrà alla banca lodigiana? Cosa resterà della sua territorialità? È davvero finita per sempre?

Dalla fusione della Lodi con Verona-Novara a oggi dal centro direzionale Bipielle se ne sono andati centinaia di dipendenti. Tra un paio d’anni, quando sarà pronta la nuova torre del centro commerciale, se la Zucchetti dovesse trasferirsi altrove e se verranno messi in atto i piani di ulteriore accentramento su Verona, chi rimarrà nella storica sede di Renzo Piano? Terranno aperta solo la portineria?

Voci e lamentele, proteste e preoccupazioni, sussurri e polemiche si rincorrono tra i dipendenti. Tutti sono in attesa che il piano venga messo al più presto nero su bianco, per capire quali sono effettivamente i disegni del Banco circa il futuro della Popolare di Lodi.

È una vera mazzata quella che sta per abbattersi sul territorio, giunta proprio nel frangente in cui la Popolare, grazie al suo management, stava riannodando i fili con il tessuto imprenditoriale locale. Un momento in cui il Lodigiano era tornato a interagire con la banca, merito anche della Fondazione che in questi anni ha agito in maniera meritoria.

La gente ferma per la strada i giornalisti del “Cittadino” e, affrontando questo argomento, si chiede anche quale è stato il ruolo svolto in questo frangente - e soprattutto quale sarà in futuro - dai lodigiani che siedono nella stanza dei bottoni di Verona. Che decisioni hanno assunto? Quali altre assumeranno? Sono favorevoli o contrari a questa radicale ristrutturazione?

E intanto, qualora la scure dovesse abbattersi pesantissima, c’è anche chi minaccia qualcosa che ha della fantapolitica: «Al prezzo di Borsa di oggi gli ex 90.000 soci della Bpl, Crema e Cremona, con pochi euro, potrebbero ricomprarsi la banca e farla tornare completamente lodigiana mandandoli a casa tutti...».

Il clima è pesante a Lodi e tra i dipendenti. Peccato che, forse, a Verona non se ne siano ancora accorti.

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