Per la scuola un rifiuto incomprensibile

È normale che dei bambini raggiungano ogni mattina la scuola con la Fiat Panda personale del sindaco da lui stesso guidata? Se in generale non è normale, a Zapponeta questo è, invece, normale. Il giovane sindaco di questo piccolo borgo in provincia di Foggia di poco più di tremila anime eletto da pochi mesi, scopre che non può permettersi il lusso di comprare uno scuolabus per i suoi alunni. Le casse di Zapponeta piangono cinese. Nemmeno il “salvagente” lanciato dalla Regione Puglia con una somma non trascurabile si è rivelato sufficiente per raggiungere l’obiettivo. Il guaio che aleggia sulle teste dei zapponetani si chiama “debito pubblico”. Il Comune di Zapponeta, infatti, è talmente indebitato da non potersi permettere, probabilmente, nemmeno una bicicletta, figuriamoci uno scuolabus. Un lusso che finirebbe per cacciare gli amministratori in guai ancor più grossi di quelli già esistenti. Per alcuni bambini, che devono raggiungere la scuola distante qualche chilometro dal paesino, la soluzione è solo il sindaco con la sua Fiat Panda. Ogni mattina il giovane sindaco passa a prendere i quattro scolari visto che i genitori, lavoratori braccianti, sono costretti a levarsi di buon’ora per raggiungere i campi della Daunia. Per quest’uomo delle istituzioni tutto questo, che ha fatto rumore sulle cronache dei quotidiani degli ultimi giorni, è normale. Normale è accompagnare i bambini a scuola; normale è potare siepi ed alberi prima di recarsi in municipio; normale lavare la piccola piazza del paese aiutato dalla First Lady di Zapponeta. E tutto per risparmiare, per non aumentare un debito che è già una voragine. E’ pur vero che se volessimo indagare a fondo, scopriremo l’esistenza di situazioni simili se non peggiori dai risvolti ancora più tremendi. Ci sono Paesi dove i bambini vengono ammassati su carretti sgangherati per consentire loro di raggiungere la scuola, o bambini costretti ad attraversare ponti in bilico aggrappati a delle funi e cercare un equilibrio per non cadere nel torrente sottostante e tutto per non perdere le lezioni, o ancora bambini costretti a percorrere chilometri di pericolose mulattiere che costeggiano montagne dalle pareti a picco da far rabbrividire persino gli alpinisti più esperti e sempre per la scuola. Se volessimo paragonare la condizione dei bimbi di Zapponeta con queste drammatiche situazioni, ci viene facile dire che i nostri ragazzi fanno una passeggiata con il sindaco. Eppure, guardando in casa nostra, rimane un’amara considerazione da fare. Abbiamo scuole ospitali, abbiamo una classe docente, in generale, professionalmente preparata, la gran parte dei nostri ragazzi vivono in centri abitati tra loro ben collegati, e nonostante ciò rimane fortemente preoccupante il fenomeno della dispersione scolastica se non addirittura dell’abbandono degli studi. Ci sono alcune nostre province dove il dato di abbandono scolastico raggiunge quasi il cinquanta per cento. Caltanisetta, ad esempio, rappresenta sotto questo aspetto la maglia nera. Se poi andiamo a prendere in considerazione il dato generale del nostro meridione, allora si viene a scoprire che il 52% degli studenti delle superiori non termina gli studi. Sono i cosiddetti ragazzi «Neet» ovvero ragazzi che né studiano, né lavorano. Un disastro! Eppure non mancano le scuole, soprattutto professionali dove la manualità aiuta a realizzare qualche sogno ovvero quello di imparare un mestiere; non mancano dei buoni collegamenti a garanzia di una regolare frequenza delle lezioni; non mancano opportunità post scuola con corsi pomeridiani o serali per ragazzi e adulti che consentirebbero a chi non avesse completato gli studi, di conseguire un diploma per poter meglio affrontare le nuove sfide del mercato globalizzato. È pur vero che abbiamo a che fare ancora con grossi problemi in fatto di strutture scolastiche. E’ dell’altro giorno la notizia di un crollo di una parte del soffitto di un’aula in una scuola di primo grado di Rho i cui calcinacci hanno colpito in maniera per fortuna lieve tre alunni subito prontamente soccorsi. Ma questo è un problema che, come ha sottolineato lo stesso Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Sondrio in occasione dell’inaugurazione del nuovo anno scolastico, ha trovato spazio nei programmi del Governo con adeguati interventi che cresceranno sempre più negli anni a venire da destinare alla messa in sicurezza degli edifici scolastici. Dunque da noi, nel complesso, le condizioni per affrontare dalla radice il fenomeno della dispersione e dell’abbandono scolastico ci sono. A questo punto si tratta di destinare più risorse per contenere nell’immediato e spingere al ribasso il preoccupante dato reso noto dalle recenti indagini OCSE. Se l’Europa è preoccupata per questo problema, il nostro Paese lo è ancor di più in quanto consapevole del costo sociale molto alto che tale condizione riserva.Abbandonare gli studi dopo la terza media significa accrescere il livello dei disoccupati, significa abbandonare molti adolescenti a forti rischi di esclusione, significa disperdere energie sociali ed economiche, significa vanificare l’impegno di migliaia di docenti con conseguente spreco di risorse finanziarie. L’istruzione, dunque, rimane l’ultimo baluardo a difesa della crescita sociale, morale, etica e civile di un popolo, di una comunità. Siamo stati tutti testimoni di cosa vuol dire soffocare la voglia di cultura. La distruzione di opere d’arte, la messa al rogo di un significativo patrimonio librario, la brutalità di arruolare bambini per farne dei soldati, sono scelte che vanno contro natura e la storia ha già dato parecchi di queste nefaste testimonianze. Di qui l’impegno a che l’istruzione possa recuperare lo spazio perduto, possa rappresentare quella opportunità che fa dell’uomo una persona corretta, destinata a migliorarsi in quello che presso gli antichi Greci era la «Paideia» e presso i Romani l’«Humanitas». «L’educazione, in primo luogo, non è faccenda individuale, ma per sua natura, è cosa della comunità», sono parole di Werner Jaeger, filosofo tedesco, secondo cui l’educazione è tale grazie alle buone maniere, all’acquisizione delle buone arti, alla conoscenza che non è nozione, ma è soprattutto conoscenza del bene che caratterizza la persona che è altro dall’animale. E come dargli torto! In quest’opera, ci ricorda Aristotele, «i ragazzi vanno guidati a vivere una vita sociale piena, in condizioni di uguaglianza con i suoi simili». Basta questo per non far mancare loro la scuola! Eppure tanti ragazzi la rifiutano.

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