Per il contratto ma non solo, c’è dell’altro...

Contratto, partecipazione, stabilità del lavoro: sono le tre parole-chiave sulle quali si è articolato lo sciopero della scuola promosso dai sindacati, con il coinvolgimento di tutte le parti scolastiche, dai docenti agli Ata. Uno sciopero che, in verità, non ha brillato per partecipazione. La Funzione pubblica, infatti, si è affrettata a quantificarla al 9,04% del personale in servizio, con buona pace delle intenzioni sindacali.Comunque sciopero è stato, tra l’altro il secondo ravvicinato. I sindacati insistono: sui temi del contratto e della contrattazione non solo pende una vacanza normativa, ma soprattutto si vuole ribadire l’importanza del confronto e del negoziato, in particolare per “materie che toccano aspetti importanti del rapporto di lavoro e che non possono essere gestiti in modo unilaterale e verticistico”; per quanto riguarda invece la partecipazione ecco l’intenzione di rilanciare “un’idea di scuola in cui tutti i soggetti agiscono nel segno della partecipazione, della collegialità, dell’assunzione di responsabilità condivise”, scuola “che non vogliamo vedere esposta a divisioni artificiose e inquinata da suggestioni autoritarie inutili e pericolose”; e sulla stabilità del lavoro l’attacco all’azione del governo, impegnato nel processo delle immissioni in ruolo, è diretto: “L’area del lavoro precario non è affatto diminuita, per i docenti, col piano straordinario di assunzioni e col bando di un concorso” e per gli Ata “addirittura zero assunzioni pur essendoci 12.000 posti vacanti”.Insomma, per i sindacati la Buona scuola deve ancora arrivare.Il ministro Giannini, alla vigilia dello sciopero, è venuta parzialmente incontro alle richieste dei sindacati sul tema del contratto che è fermo da anni. Ha ammesso che “ripartire con il contratto per un settore come la scuola è una richiesta che ha fondamento”. Tuttavia, per il ministro questo non può far dimenticare lo sforzo in atto del governo per ridare centralità al sistema scolastico e, in particolare, “non si deve prescindere dall’enorme sforzo di fondi messi in campo e diretti all’incentivazione degli insegnanti”. E in un altro momento il ministro ha rincarato la dose: “Abbiamo assunto centomila insegnanti – ha spiegato a chi le chiedeva un commento sulle richieste dei sindacati – stiamo facendo il concorso per altri 63mila, stiamo provvedendo anche alla questione del personale Ata, abbiamo messo 4 miliardi di risorse fresche, più i soldi per l’edilizia”. Come a dire: quello che si può fare lo stiamo facendo…Ministro deciso, dunque. Anche nel respingere al mittente, senza tentennamenti, le critiche in generale alla riforma del sistema scuola, che i sindacati vorrebbero modificata: “La legge è quella – ha ribadito il ministro –. Cerchiamo di attuarla al meglio”.E allora? Che risultato si può aspettare dai fermenti che, piaccia o meno, agitano il mondo scolastico? Maddalena Gissi, segretaria generale Cisl Scuola, ha rilevato nelle manifestazioni una grande “volontà di partecipazione e democrazia che va colta come risorsa fondamentale anche per politiche di innovazione autentica”. Ancora Gissi ha insistito sulla “spinta alla partecipazione” venuta dalla manifestazione dei dipendenti della scuola, una spinta che “non va contrastata, ma valorizzata. È un preciso interesse della nostra scuola”.La palla torna al ministro. Magari aprendo – doverosamente – il capitolo contratto.

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