«Non patteggiate, chi ha ucciso paghi»

Nuovo disperato appello della mamma di Andrea De Nando

Tre mesi fa sono state chiuse le indagini sulla tragica fine di Andrea De Nando, morto a 15 anni, investito da un’automobile mentre tornava a casa dall’oratorio. In poco più di due mesi, dopo quel tragico 29 gennaio, sono stati raccolti gli atti necessari, ma non è ancora stata fissata l’udienza che stabilirà la sorte dell’automobilista medigliese responsabile dell’incidente. A lui e ai suoi avvocati, Elisabetta Cipollone, la mamma di Andrea, aveva chiesto di non patteggiare, aveva invocato un atto di coraggio, perché si sottoponesse al rito ordinario rifiutando sconti di pena. Un appello lanciato su tutte le testate giornalistiche a maggio, ma al quale non è stata data alcuna risposta. Ecco perché ora i genitori di Andrea hanno scritto una lettera aperta, questa volta indirizzata ad avvocati, giudici, pubblici ministeri, perché quest’«assassinio, quello di nostro figlio, non rimanga impunito». Il problema sta tutto qui perché se accusa e imputato patteggiano una determinata pena ed evitano il processo ci sono vari vantaggi: intanto la pena da applicare è diminuita di un terzo (per la precisione, il codice di procedura penale dice «fino a un terzo», ma nella prassi la diminuzione è quasi sempre applicata nella misura massima possibile). Questo aspetto permette di ricondurre anche fatti non particolarmente lievi nei limiti entro cui è possibile beneficiare della sospensione condizionale della pena o dell’affidamento ai servizi sociali (rispettivamente, due e tre anni di reclusione). E per chi è incensurato a sottrarsi alle patrie galere. «Fate come se Andrea fosse vostro figlio - scrive Elisabetta rivolgendosi a giudici e avvocati -, fate come se Andrea fosse il figlio di tutti. Non concedete il patteggiamento, sollecitate chiunque possa essere sollecitato a dare il massimo della pena prevista. Una sentenza esemplare, sarà una vittoria assoluta, sarà un deterrente per tutti coloro che deliberatamente uccidono, che deliberatamente tolgono il futuro ad un ragazzo che quel futuro lo aveva tra le sue mani e che si affacciava alla vita con modestia ma anche con la forza dell’amore che solo lui sapeva donare agli altri. Quella sentenza esemplare spero riesca a salvare anche solo un altro povero ragazzo». La mamma di Andrea sa di domandare qualcosa che va oltre la legge, ma «ce lo chiede Andrea, ce lo chiedono tutte le vittime, per una giustizia che cominci a dare voce alle vittime senza stare troppo spesso dalla parte dei criminali». Le vittime, quelle sì secondo Elisabetta, pagano una pena parallela a quella dei criminali e più dura della loro. «Per il resto dei nostri giorni - conclude la mamma - cari giudici, pm, avvocati, noi abbiamo smesso di vivere la vita di prima: la pena di morte non è stata abolita in Italia, la pena di morte esiste ancora, è la mia».

Emiliano Cuti

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