«Non c’è Europa senza la fede»

Monsignor Rino Fisichella esorta i cristiani all’impegno

Non c’è identità senza radici; non esiste l’Europa senza la fede. E i cristiani non sono chiamati a subire gli eventi, quanto a prendere coscienza della loro responsabilità nella costruzione di una vera Europa unita. Questo il monito di monsignor Rino Fisichella, teologo, per lungo tempo rettore magnifico della Pontificia Università Lateranense, ora presidente del Pontificio consiglio per la Promozione della nuova evangelizzazione, il nuovo dicastero fondato da papa Benedetto XVI per lo studio delle moderne forme di comunicazione come strumenti della nuova evangelizzazione.

Nel pomeriggio di ieri era a Montanaso Lombardo per ricevere il premio AttivaMente 2011, fondato lo scorso anno per mettere in luce i valori della ricerca della verità, del rispetto della vita e della dignità dell’uomo, anche fulcro dell’attività dell’associazione. Ad accogliere monsignor Fisichella, una sala consiliare stracolma e attenta, «che mi fa ben sperare per il futuro di un mondo che soffre per la mancanza di pensiero» ha riflettuto, dopo aver salutato i tanti codognesi presenti per portare il saluto dal paese natale del prelato. In prima fila, il vescovo di Lodi, monsignor Giuseppe Merisi, monsignor Gabriele Bernardelli, cancelliere vescovile, ma anche il vice presidente della Provincia di Lodi Claudio Pedrazzini e molti sacerdoti delle comunità limitrofe. A introdurlo, il sindaco di Montanaso, Luca Ferrari, e il presidente dell’associazione, Stefano Levantino. Tra le motivazioni al premio, «l’impegno e la testimonianza con cui ha saputo promuovere i valori cristiani nella società europea, valori in cui l’associazione si rispecchia».

Un’Europa che vive «insopportabili e diffusi conati anti-cattolicesimo - ha spiegato monsignor Fisichella - di cui io mi sono francamente stancato». E che si traducono «nel controllo del linguaggio che cerca di essere imposto al cattolicesimo - ha proseguito -: con quale autorità, per esempio, si cerca di imporre la rimozione del crocefisso? Con quale criterio si pubblicano tre milioni di agende per i giovani europei, dimenticando di segnalare le feste cristiane?». Un controllo totalmente assente verso le altre fedi che popolano l’Europa, segno di un percorso che porta alla costruzione di «una realtà senza radici e senz’anima: non ci sarà un’Europa unita prescindendo da ciò che è stata nei secoli passati, tralasciando quella fede che è stata determinante per il progresso». Per di più in un contesto globale che vive una crisi che è innanzitutto culturale e antropologica, prima ancora che economica. Una crisi in cui ha peso la secolarizzazione («fenomeno che non è solo occidentale, perché New Delhi è come New York: i programmi sono gli stessi, la pubblicità è la stessa e il processo di globalizzazione investe tutte le culture») e la comparsa di un uomo «cinetico», che ha fame di esperienze. Obbligo dell’uomo di fede allora, è «entrare in quelle culture e non subirle, ma plasmarle per un’unità riconquistata dei popoli nel cristianesimo». Una crisi dunque globale che, però, non è la benzina che ora dà fuoco al Nord Africa: a domanda diretta, il presidente del Pontificio consiglio, ha spiegato che «sono questioni politiche».

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