Nel pieno dell’epoca dei cellulari
le frequenze restano il suo mondo

Lodi, radioamatore da 63 anni: per Gaetano Molignani è più di una passione

Uno schema di codifica ad intermittenza, una serie di impulsi elettrici con segnali lunghi e corti da decifrare. Il codice Morse per Gaetano Molignani, classe 1937 è molto di più che il susseguirsi di punti e linee. Rappresenta una musica fatta di lettere, segni di punteggiatura, cifre da decodificare: una vera e propria melodia per le orecchie.

Nato e cresciuto a Lodi, Gaetano, radioamatore per passione da 63 anni, scopre l’arte della radiotelegrafia quando era solo adolescente, mettendo mano alla radio di casa. Frequentava le scuole medie e solo successivamente avrebbe sentito le prime comunicazioni tra radioamatori più esperti, sulla frequenza delle onde corte.

Correvano gli anni Cinquanta: le comunicazioni tra le navi in mare e la costa, ma anche quelle di corrispondenti e reporter all’estero, viaggiavano tramite codice Morse e si potevano ricevere anche con ricevitori commerciali alla portata di tutti. «Dopo le medie, il mio sogno sarebbe stato l’Istituto nautico a Genova – ricorda Molignani, guardandosi indietro, ai tempi dei primi passi nel mondo delle radiofrequenze -. Ma accontentai mamma e papà, iscrivendomi al Bassi per diventare ragioniere con un futuro impiego in banca, proprio come avrebbero tanto desiderato. Ma durante gli studi - prosegue - la passione per la radio era sempre nel mio cuore». E fu grazie agli insegnamenti dell’assistente del laboratorio di fisica a scuola, che Gaetano apprese i primi rudimenti dell’uso del telegrafo: «Dall’utilizzo del tasto telegrafico, alla macchina ricevente in uso alle poste e ferrovie, mi insegnò le basi della telegrafia – racconta -, tecniche e linguaggi che poco prima della seconda guerra mondiale, insegnava nei corsi militari». Sbarcato nel mondo del lavoro, Gaetano trova impiego in fonderia e sfogliando libri e riviste si avvicina al campo della metallurgia e delle leghe, passione che sfocia nella realizzazione di un catamarano di sette metri, cabinato e di stazza superiore alle tre tonnellate. «Si partì col disegnarlo e con una costruzione in legno e compensato, insieme all’ingegner Libero Sfondrini, mio caro amico – ricorda emozionato – fino al varo a Desenzano e il collaudo presso le autorità lacustri per il trasporto di cinque persone». Ma nel frattempo, tante altre ancora, una dopo l’altra, le soddisfazioni per quel giovane alle prime armi: «Nel 1957 riuscì a conseguire la patente di radio operatore, dunque un titolo che mi qualificava finalmente per la mia vocazione». Una prova scritta di radiotecnica, una di ricezione e trasmissione in codice Morse. «La mia patente riporta il codice identificativo numero 1695». Era il 27 maggio del 1957. «Dopo la patente, per poter “operare sul campo” si richiedeva la licenza. La ottenni cinque mesi dopo all’età di 21 anni».

Nominativo assegnato “I2MG”, per l’idoneità e l’autorizzazione ad esercitare ufficialmente l’attività radioamatoriale. «Ricordo che all’epoca la ditta “Geloso” produceva apparecchi radioamatoriali molto costosi, dei veri gioielli per gli appassionati – commenta Molignani -. Ma acquistando qua e là i pezzi essenziali, riuscì a costruire il mio primo radiotrasmettitore, con le mie stesse mani».

Finalmente poi le più grandi soddisfazioni: i primi collegamenti con le frequenze di tutto il mondo, le prime cartoline di conferma di collegamento, le “Qsl”, ricevute dalla Spagna, dall’Iran, dalla Nuova Zelanda, da ogni angolo del globo. «E dopo un corso di navigazione piana presso la Lega navale di Milano, imparai anche l’arte del carteggio, il “punto nave” e le regole del galateo in mare».

E nell’era della digitalizzazione e dell’informazione multimediale, Gaetano è riuscito a costruire “La valigia della Resistenza” in uso ai partigiani francesi e norvegesi durante la seconda guerra mondiale. «Si tratta del “Paraset” costituito da tre valvole: una trasmittente e due ricevitori con un’antenna lunga una ventina di metri. E qualche volta, ancora oggi, capita di sentire qualche “veterano” collegato con questi apparati – commenta -. Il segnale che produce è molto regolare, quasi senza anima, come uno scritto fatto al computer. Ma attraverso la manipolazione col tasto diventa come il corsivo, un suono più morbido e dalla cadenza diversa che lascia percepire, alle orecchie degli appassionati, anche emozioni e stati d’animo».n

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