Moratti al «Cittadino»: «Premi per gli ospedali virtuosi e penalizzazione ai ritardatari: così taglieremo le liste d’attesa»

Il vicepresidente di Regione Lombardia delinea in un’intervista al «Cittadino» la futura sanità a poche ore dal suo arrivo nel Lodigiano

Una decurtazione dei rimborsi dal 5 al 50 per cento per quegli ospedali che non rispettano i tempi di attesa. Lo annuncia il vicepresidente di Regione Lombardia, Letizia Moratti, nell’intervista esclusiva concessa al «Cittadino» a poche ore dal suo arrivo, oggi, nel Lodigiano, per inaugurare la Casa e l’Ospedale di Comunità di Sant’Angelo, i primi sul territorio provinciale.

L’inaugurazione di Casa e Ospedale di Comunità di Sant’Angelo, in programma oggi, segna il primo passo dell’applicazione della riforma sanitaria sul territorio della provincia di Lodi. Quali obiettivi vi ponete con la revisione della legge regionale?

«La pandemia ha portato drammaticamente alla luce alcune debolezze dei servizi sanitari di tutto il mondo, facendo emergere problematiche che costituiscono una priorità su cui agire. L’invecchiamento della popolazione - fra un decennio la popolazione lombarda sarà costituita da un 25 per cento di over 70 afflitti da patologie croniche che avranno necessità di continuità assistenziale - è un altro fattore che ci ha spinto a dare alla Lombardia un nuovo quadro legislativo, più attuale ai tempi e più capace di affrontare le sfide future. Si è agito su più livelli, per realizzare una medicina che sia predittiva, partecipativa, personalizzata, preventiva. E per essere partecipativa e personalizzata, la medicina deve stare vicino al cittadino. Le Case di Comunità hanno proprio lo scopo di diventare un punto di riferimento della comunità, dove l’intera comunità si senta a casa, con funzioni di presa in carico del paziente cronico e fragile e anche di prevenzione sia attraverso la diagnostica, sulla quale sono stati investiti 179 milioni di euro, sia attraverso iniziative volte alla prevenzione e promozione di comportamenti e di stili di vita sani, per ritardare l’emergere della cronicità. La Lombardia, con questa legge, è la prima Regione del Paese che si dota di un quadro normativo utile a favorire l’utilizzo dei fondi del Pnrr. 1,2 miliardi di euro che serviranno anche per l’ammodernamento e l’adeguamento delle strutture sanitarie utilizzando i criteri più innovativi e d’avanguardia offerti dalla scienza e dalla tecnologia, a cui se ne aggiungono altri 800 messi a disposizione direttamente da Regione Lombardia».

Nel Lodigiano rimangono due problemi urgenti da affrontare: la carenza dei medici di famiglia e le liste d’attesa, specie per alcune tipologie di esami clinici. Al netto degli errori di programmazione effettuati negli anni scorsi a livello nazionale e del tema del numero chiuso nelle facoltà di Medicina, la riforma riuscirà a mitigare i problemi?

«La nuova legge sanitaria lombarda, e la riorganizzazione dei medici di medicina generale attraverso una revisione del rapporto che lega questi al sistema sanitario nazionale per il quale Regione Lombardia si è fatta capofila di una espressa richiesta al Ministero della Salute, sono un combinato disposto che intende risolvere anche questo problema, emerso in tutto il Paese. Bisognerà ovviamente intervenire anche sulle questioni a cui ha fatto cenno, cioè una migliore programmazione della formazione dei nuovi medici considerando il fabbisogno e la richiesta crescente di lavoratori della sanità. Il tema del taglio delle liste d’attesa è uno degli obiettivi prioritari che mi sono posta quando ho accettato un anno fa l’incarico, insieme con il successo della campagna vaccinale e appunto la revisione della legge sanitaria. Abbiamo investito 100 milioni di euro nella seconda parte del 2021 per il recupero delle prestazioni ambulatoriali e chirurgiche. Per il 2022 abbiamo varato, anche qui prima regione italiana a farlo, un sistema che va a premiare quelle realtà virtuose che rispettano i tempi d’attesa, operando una decurtazione dal 5 al 50 per cento dei rimborsi per le realtà che non li rispettano. Una misura fortemente impattante soprattutto sulle strutture private accreditate. Il sistema entrerà in vigore in aprile e inizialmente riguarderà gli interventi chirurgici oncologici, ma presto verrà esteso a tutte le altre specialistiche e alla diagnostica ambulatoriale. In questo modo, incentivando chi si dimostra più virtuoso e penalizzando chi non sta al passo, contiamo di dare una bella sforbiciata alle liste d’attesa e al contempo riequilibrare un’equità sociale doverosa nei confronti dei nostri concittadini, proprio in un momento di difficoltà economica di molte famiglie».

Chi critica l’impianto della riforma sostiene che aprirà ancor di più le porte all’ingresso della sanità privata in Lombardia. Cosa rispondete?

«Penso che chi dice questo si attarda su pregiudizi e vecchie letture. La situazione, in questi due anni, è completamente cambiata. Bisogna guardare al futuro e anche le analisi andrebbero aggiornate, concentrandosi sul merito delle cose. Ritengo il ruolo della sanità pubblica fondamentale, e la presenza del pubblico non è stata affatto mortificata dalla legge sanitaria che anzi la valorizza e rafforza. Ancor più importante è l’universalità dell’accesso al servizio sanitario che rappresenta un punto cardine del nostro dettato costituzionale. Ad esempio attraverso il rafforzamento della sanità di prossimità, con la prospettiva di fare della casa il primo luogo di cura, si creano le condizioni affinchè il principio universalistico diventi sempre più sostanziale e venga applicato in modo concreto. La legge intende valorizzare tutte le componenti che storicamente danno forza al nostro sistema sanitario: pubblico, privato convenzionato e terzo settore, in modo tale che queste operino in sinergia per offrire al cittadino i servizi migliori. La regia è saldamente in mano pubblica, in mano alla Regione, che fa la programmazione, definisce gli standard, opera correttivi e controlla la loro corretta applicazione».

Il Lodigiano sconta l’inserimento nella Ats Città metropolitana, che si è rivelata troppo ampia per garantire la giusta attenzione a territori differenti come Milano e Lodi. La riforma non interviene in questo senso, ma potrà almeno garantire una maggior vicinanza tra il sistema sanitario e i territori? Che ruolo avranno i sindaci?

«Uno degli scopi della revisione è proprio quello di garantire una maggiore vicinanza tra il sistema sanitario e i territori , attraverso la Case di Comunità e gli Ospedali di Comunità, quest’ultimi con la funzione di agevolare la transizione dei pazienti dalle strutture ospedaliere al proprio domicilio. A queste due strutture si aggiungono le Centrali Operative Territoriali, per coordinare l’assistenza domiciliare e assicurare l’interfaccia con gli ospedali e la rete di emergenza urgenza e per il monitoraggio, attraverso gli strumenti della telemedicina, dei pazienti. Nella provincia di Lodi sorgeranno due Centrali Operative, due Ospedali di Comunità e sei Case di Comunità che andranno a costituire quell’importante e capillare rete di prossimità, capace di intercettare e rispondere concretamente ai bisogni specifici dei cittadini del Lodigiano. L’approccio one health, che ispira il potenziamento del servizio sanitario regionale, considera la salute umana strettamente interconnessa con quella dell’ambiente in cui la persona vive, alle condizioni sociali ed economiche, alla salute degli animali con cui siamo in contatto, tutti aspetti che ovviamente sono diversi per chi abita a Milano o in provincia di Lodi. È un nuovo approccio che farà la differenza. Il ruolo dei sindaci e degli enti locali che essi rappresentano viene valorizzato all’interno dei Distretti e nelle Case di Comunità. Inoltre, c’è una integrazione territoriale tra servizi sanitari e offerta socio assistenziale, proprio in una visione olistica del benessere della persona. Curiamo la persona, non la malattia».

I lombardi hanno dimostrato di credere nella scienza e la campagna vaccinale contro il Covid ha raggiunto numeri importanti. Siete soddisfatti? Dove occorre migliorare?

«La risposta dei lombardi è stata straordinaria. Per copertura vaccinale con almeno una dose Regione Lombardia è terza nel mondo alle spalle di Portogallo e Spagna, mentre per quanto riguarda la copertura della popolazione con terza dose abbiamo il primato mondiale davanti al Giappone e all’Italia. Straordinaria anche la partecipazione dei giovani, con la fascia d’età tra i 20 e i 29 anni che ha aderito al 98 per cento alla campagna vaccinale. Sono risultati importanti, conseguiti attraverso una comunicazione costante e univoca sull’importanza della vaccinazione e dovuti alla grande organizzazione dei centri vaccinali che hanno mostrato efficienza, ma anche bellezza. Penso gli allestimenti pensati per i bambini, venendo incontro alle esigenze dei più piccini e delle loro famiglie. C’è poi il fattore umano, la grande disponibilità e gentilezza di tutto il personale sanitario e dei 20mila volontari che si sono avvicendati nei nostri hub in poco più di un ano, somministrando più di 23 milioni di dosi. Restano ancora alcuni dubbiosi. Abbiamo chiesto ai medici di medicina generale di contattare personalmente i loro assistiti non vaccinati per informarli e convincerli a vaccinarsi. Sono molto soddisfatta del lavoro fatto, è stato un momento eccezionale in cui, di fronte al pericolo, le forze migliori della nostra società si sono unite e hanno lavorato assieme, mettendo a disposizione le loro competenze, le idee e le risorse per il bene della collettività. Dagli scienziati di fama internazionale che hanno prestato gratuitamente le loro competenze, alle donne e agli uomini della sanità lombarda, ai sindaci, all’associazionismo: tutti si sono prodigati con generosità. Un ruolo importante lo ha avuto anche la stampa, testate come la vostra, che hanno informato correttamente, segnalando quello che non andava, dandoci così la possibilità di migliorare, e fornendo alla popolazione le informazioni corrette su vaccino e sull’importanza di vaccinarsi per proteggersi. Il senso civico lombardo ha prevalso su tutto e di questo sono particolarmente orgogliosa».

Sul fronte della sanità territoriale e degli ospedali che lezione possiamo trarre dalla pandemia?

«Regione Lombardia ha stanziato già 85 milioni di euro per un Centro specializzato nello studio e nella cura delle malattie infettive. Forti della dura lezione del Covid, non vogliamo farci trovare impreparati di fronte a future nuove minacce, anche perché la Lombardia è a forte rischio a causa della densità demografica e della interconnessione nazionale ed internazionale».

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