Mairago, truffatori incastrati col Dna

Due anni di carcere per lei, che al momento si trova agli arresti domiciliari per poter curare i numerosi figli, e un anno e otto mesi per lui: questo il verdetto del tribunale di Lodi, in udienza preliminare, per una coppia di quarantenni, D.M., nato a Codogno, e S.L., nata a Vizzolo Predabissi, italiani ed entrambi domiciliati presso il campo nomadi di Albuzzano (Pavia): i due, che hanno fatto ricorso a patteggiamento e rito abbreviato, sono ritenuti dalla procura della Repubblica responsabili di un furto pluriaggravato in casa di un pensionato di Mairago, A.C., che all’epoca del fatto, nel giugno del 2011, aveva 87 anni. L’uomo, che aveva poi sporto querela contro ignoti ai carabinieri di Cavenago d'Adda, aveva spiegato agli inquirenti che un uomo e una donna, con fare gentile, erano entrati in casa sua per chiedere un bicchiere d’acqua, e che all’improvviso la donna gli avrebbe strappato una catenina d’oro dal collo. Poi entrambi i responsabili erano fuggiti e si era aperta l’indagine per rapina. Ma il numero di targa parziale raccolto dagli inquirenti, assieme all'identikit realizzato grazie alla testimonianza dell'anziano, avevano portato a restringere il campo dei sospettati, nell’ambito di persone già indagate per reati simili, ma senza dare certezze. La svolta era arrivata invece solamente undici mesi dopo l'episodio, quando i laboratori del Ris di Parma dei carabinieri erano riusciti ad amplificare una debolissima traccia di dna repertata sul “famoso” bicchier d’acqua che l'anziano, fiducioso, aveva effettivamente offerto ai due. Secondo gli esperti di genetica dell'Arma, quel dna era di D.M., che era già nella rosa dei sospettati, e così era scattata la richiesta di rinvio a giudizio. I due si sono affidati agli avvocati Augusto e Giuseppe Cornalba di Lodi, nel corso delle indagini il reato è stato derubricato a furto con strappo. La pena non è sospesa, e dopo la lettura del verdetto sono tornati entrambi agli arresti. Dal giugno scorso erano stati colpiti da ordinanza di custodia cautelare per questo episodio, per pericolo di reiterazione del reato. Il valore del “bottino” era stato di circa cento euro.

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