LODI Un’udienza per fare chiarezza sulla morte di Giorgio Medaglia

La mamma del 34enne non crede al suicidio del figlio e l’avvocato si oppone all’archiviazione

Giorgio Medaglia, per quello che (dall’autopsia) risulta aver bevuto, era in stato di “incoordinamento motorio” quando è annegato nel fiume Adda nella notte tra domenica 28 e lunedì 29 luglio 2020. «Come avrebbe potuto, allora, abbandonare il proprio motorino alla Martinetta, nella zona di via Venezia, e raggiungere il fiume a piedi, da solo, e nella completa oscurità?».

È una delle risposte che la mamma del 34enne scomparso dopo essere uscito da casa in via Aldo Moro all’Albarola con il suo motorino, e ritrovato quasi una settimana dopo, chiederà di avere dal giudice delle indagini preliminari di Lodi che ha fissato per il 13 gennaio prossimo l’udienza in cui la donna, con l’avvocato Lorenza Cauzzi, si opporrà all’archiviazione disposta dalla Procura, che ipotizza un suicidio o una caduta accidentale nel fiume. Secondo il medico legale Silvia Damiana Visonà e il tossicologo forense Cristiana Stramesi, che 13 giorni dopo il ritrovamento della salma sotto il ponte di Cavenago d’Adda eseguirono autopsia e conseguenti esami, non ci sono segni di violenza.

Ragionando sulle tante stranezze di questa vicenda, i familiari sono sempre più convinti che quella sera Giorgio, che aveva paura dell’acqua ed era uscito di casa senza cellulare, e con due caschi ritrovati sul motorino abbandonato alla Martinetta, possa aver incontrato qualcuno. Non solo la mamma, ma anche tutti i suoi conoscenti non l’hanno mai visto bere alcoolici.

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