Lodi, morto in piena emergenza Covid a soli 42 anni: l’ospedale ricorda Salvatore Pini

L’11 settembre una Messa, l’uomo lavorava in Medicina

Era mancato in pieno Covid l’11 marzo scorso, Salvatore Pini, 42 anni, Oss che lavorava nel reparto Medicina dell’Ospedale Maggiore di Lodi. A sei mesi dalla sua scomparsa una Santa Messa sarà celebrata alle 15 di venerdì 11 settembre nella cappella del Maggiore: un’attenzione che hanno avuto i colleghi di Salvatore e che la famiglia del giovane ha apprezzato tanto.

«In quei giorni è successo tutto all’improvviso, prima ancora che ce ne rendessimo conto – dice oggi mamma Maria, lei stessa per decenni dipendente dell’ospedale -. Mi hanno detto che la direzione aveva fatto esporre le carte, tanti colleghi di mio figlio e tanti medici mi hanno telefonato e scritto. Io allora non ero in grado di rispondere. Adesso è venuto il momento di ringraziare tutti, a partire dalla direzione dell’ospedale, tutti ci hanno fatto sentire la loro vicinanza».

Sorridente, conosciutissimo, Salvatore era amato da tutti, dai medici ai parcheggiatori africani. Al Maggiore aveva conosciuto anche sua moglie che a marzo si trovava a Londra dalla sorella. Salvatore era dunque solo in casa, al Tormo. Domenica 8 aveva cenato dai genitori a Sant’Alberto. «Mi devi fare da mangiare tanto perché sono un po’ stanco - aveva detto alla mamma -. Però non mi fermo, non hai idea di quello che c’è in ospedale in questo momento, le mie colleghe che vi lavorano da una vita piangono per le situazioni che vedono», le aveva confidato.

Una decina di giorni prima Salvatore aveva fatto il tampone ed era negativo, poi aveva continuato a lavorare.

Domenica 8 marzo dopo cena aveva salutato la mamma così: «Vengo ancora a trovarti».

Maria racconta: «Ho saputo tutto quando lui non c’era più. Lunedì mi hanno detto che è stato male durante il turno, aveva forti dolori alla pancia. Qualcuno dice che si è accasciato. La caposala voleva mandarlo a casa, lui però ha detto: “Prendo un buscopan e mi passa”. Martedì ha chiesto di stare a casa ma io non sapevo nulla, non l’ho chiamato per non fare la mamma troppo apprensiva. Mercoledì avrebbe dovuto venire a pranzo. Non arrivava. Alle 13.45 ho detto a mio marito e agli altri figli: “Andate a vedere Tato, è strano che non mi abbia nemmeno avvisata”. Lo chiamiamo Tato da sempre».

Papà Piero al Tormo aveva trovato tutto chiuso, aveva dovuto forzare una finestra per aiutare vigili del fuoco e ambulanza. All’interno, Salvatore era steso, già morto. Si era sentito male durante la notte, le tracce sono state trovate dalla zia appena dopo. «Quella mattina alle 4 mi sono svegliata piangendo, con un’angoscia fortissima, non sapevo cosa avessi. Credo che Salvatore sia morto a quell’ora», dice mamma Maria toccandosi stomaco e petto.

In quei giorni le imprese funebri erano tutte occupate e complicata la sepoltura a Lodi. Papà Piero è originario di Massalengo, la famiglia decide allora di portare Salvatore in quel cimitero. «Dobbiamo dire grazie al sindaco Serafini, è venuto anche alla benedizione sabato 14 marzo. Un giovane davvero sensibile. E grazie al vigile Matteo Mondani che ci è stato vicino, pregando con noi».

Lo strazio della famiglia che non ha potuto nemmeno fare il funerale al figlio in tempo di Covid, è vicino a quello di altre. «A Massalengo sono sepolti anche Giulia, di 15 anni, e Capuzzi di cui vediamo il papà. Al cimitero troviamo le altre famiglie. Siamo senza parole».

Papà Piero, che entra in casa con il pane e il “Cittadino” sottobraccio, ricorda ciò che piaceva a Salvatore: «Era patito dei Doors, studiava il filosofo Nietsche… leggeva tanti libri».

Oggi dicono i genitori: «In tanti ci sono stati vicini. Il parroco don Antonio Peviani, i sacerdoti che prima erano a Sant’Alberto, don Giancarlo Marchesi e don Alessandro Lanzani che mi ha telefonato tutte le sere per due mesi, don Massimiliano Boriani che è cresciuto insieme a Salvatore. I vicini di casa. I colleghi di nostro figlio ci hanno regalato un ciondolo con la sua iniziale, alcune Messe saranno l’11 settembre, l’11 dicembre e l’11 marzo. Vogliamo ringraziare tutti. E ricordare Tato come era, con il suo sorriso».n

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