L’inarrestabile massacro dei cristiani

Pensavamo di esserci lasciati alle spalle il Novecento – “il secolo breve” – e di voltare pagina per sempre. Siamo nel terzo millennio, commentavamo, e la terribile sequela degli stermini di massa, gli olocausti, le distruzioni, le mattanze, ci ha fatto comprendere che con le guerre non si va da nessuna parte. Finalmente addio al Novecento, ci dicevamo, il secolo che ha registrato milioni di morti ammazzati.Due guerre mondiali: nella prima a morire furono soprattutto i soldati; nella seconda ci andarono di mezzo anche i civili, spazzati via a milioni, schiacciati dai bombardamenti, piegati nei campi di sterminio, arsi vivi da due bombe atomiche.Il Novecento, il secolo breve, iniziato con il genocidio degli Armeni. I turchi ne uccisero due milioni e mezzo (la loro colpa? Essere cristiani) nel silenzio assoluto della comunità internazionale. E che dire dei lager tedeschi? I nazisti e i loro fiancheggiatori vi eliminarono prima comunisti, socialisti, zingari, avversari politici, Testimoni di Geova, omosessuali. Poi fu la volta degli ebrei: ne sterminarono quasi sei milioni, più della metà di quelli che vivevano in tutta Europa.I sovietici non furono da meno: con le purghe staliniane e gli annientamenti delle collettivizzazioni forzate uccisero tre milioni di russi. Altri 9 milioni furono coloro che dal 1945 a poco tempo fa finirono internati nei Gulag, e non sappiamo quanti di questi uscirono vivi.Neppure conosciamo quanti milioni di morti ammazzati ebbe sulla coscienza Mao Tse Tung. È certo che in Cambogia durante il regime di Pol Pot fu applicato il genocidio di massa che non consisteva solo nell’eliminazione di ogni nemico politico ma anche nella pulizia etnica della popolazione: nel famigerato campo di internamento S-21 riservato ai detenuti politici, su 17.000 prigionieri sopravvissero solo 7 persone.E come non ricordare ciò che avvenne in Ruanda nel 1994, con un milione di persone ammazzate a fucilate, con il machete o con i bastoni chiodati? E come dimenticare l’ecatombe della ex Jugoslavia e le inenarrabili violenze tra Bosniaci, Croati e Serbi? Il solo assedio di Sarajevo durò 43 mesi, durante i quali ciascuno dei tre gruppi nazionali si rese protagonista di spaventosi crimini di guerra.Un massacro dietro l’altro. E ogni volta noi abbiamo finto di non capire, abbiamo guardato da un’altra parte e voltato pagina. Salvo poi domandarci perché siamo rimasti in silenzio mentre venivano perpetrati questi massacri.Oggi, 15 agosto 2014, in almeno dieci località del mondo si combattono guerre senza fine: basti pensare all’Africa, alla Siria, alle bombe tra Palestina e Israele. Eppure tutto ciò non basta: da alcuni mesi è stata avviata l’ennesima pulizia etnica contro i cristiani che non vogliono convertirsi all’Islam. Il tutto nell’indifferenza dell’opinione pubblica e del mondo intero. A chi importa se le ultime chiese dell’Oriente vengono fatte esplodere una dopo l’altra? Se le donne sono rapite e fatte schiave? Se i bambini vengono sepolti vivi nelle fosse comuni? Le superpotenze intervengono solo quando nel sottosuolo delle nazioni che si affrontano in armi sono nascosti ingenti giacimenti di petrolio. Ma noi non possiamo rimanere in silenzio di fronte a questa ecatombe.Il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa il 12 agosto ha inviato una lettera – firmata dai presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il continente – al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Vi si chiede che la comunità internazionale assuma urgentemente “decisioni che pongano fine agli atroci atti contro i cristiani e altre minoranze religiose in Iraq”. I vescovi europei sperano con questa iniziativa che anche altre sedi istituzionali, culturali e religiose si uniscano alla condanna di quanto sta accadendo circa la violazione del diritto alla vita, alla sicurezza e alla libertà religiosa. “É urgente – ribadiscono – intraprendere concrete misure umanitarie per rispondere alla situazione disperata dei bambini, delle donne, degli anziani e di tante persone che hanno perso tutto per sfuggire alla morte e che adesso corrono il rischio di morire di fame e di sete”. Si augurano che “la comunità internazionale sia in grado di rispondere con una rapida assistenza ai molti rifugiati e garantisca la loro sicurezza nel ritornare alle loro case”.E noi? Noi anche questa volta non possiamo far finta di non capire, perché di questo passo l’epoca che stiamo vivendo si trasformerà in un nuovo secolo breve, grondante di sangue innocente.Ferruccio PallaveraUNA GIORNATA DI PREGHIERA Una giornata di preghiera, oggi 15 agosto, e un forte invito a rompere il muro dell’indifferenza. Sono le richieste contenute nel messaggio della Presidenza della Conferenza episcopale italiana dall’accorato titolo “Noi non possiamo tacere”. La continua e sistematica strage di cristiani deve finalmente spingere il mondo occidentale ad una convinta presa di posizione. Davanti alle notizie che ci giungono sul martirio dei cristiani, notizie talvolta poche e sommerse da altre meno importanti, ci si sente davvero colpiti dentro. Quei cristiani, le cui case sono state marchiate con l’iniziale del Nazareno, quei cristiani scacciati dalla loro terra, vessati, umiliati e barbaramente uccisi, quei cristiani si sente che ci appartengono, sono parte di noi, sono come noi. La loro sofferenza diventa la nostra, anche se certamente meno forte e devastante. Non è semplice solidarietà, come si può provare nei confronti di coloro che hanno i medesimi nostri ideali, è qualcosa di più. Abbiamo la stessa carne, formiamo insieme il Corpo mistico di Cristo, così le loro ferite sanguinano in tutti.Proprio questo sguardo permette di intravvedere una realtà tanto misteriosa, quanto reale e viva. Per analogia al corpo, le membra posso aiutarsi le une le altre. Questo attesta la consolante verità di fede della comunione dei santi: tutti i fedeli in forza del battesimo sono uniti tra loro e con Cristo, da cui ricevono energia e vita. In quest’ottica i vescovi italiani di fronte alla persecuzione dei cristiani hanno indetti per oggi una giornata di preghiera nazionale. Invitano a pregare affinché gli oppressori desistano, ma anche perché i fratelli e lo sorelle che soffrono, a motivo della loro fedeltà a Cristo, siano sostenuti con la grazia di Cristo, che come vita corre nel corpo o come linfa scorre dalla vite ai tralci. Questo è un primo e forte motivo per cui i cristiani non possono disinteressarsi dei fratelli nella persecuzione. Ma c’è ne è un altro di ordine culturale, che deve riguardare tutti gli uomini di buona volontà.Il mondo contemporaneo è giustamente tanto sensibile nei confronti della libertà. I diversi totalitarismi che hanno soffocato l’Europa nel secolo scorso hanno avuto come reazione convinta l’affermazione della libertà nell’esprimere le proprie convinzioni a cominciare da quelle religiose. L’Europa non può continuare ad essere – scrivono i vescovi italiani - “distratta ed indifferente, cieca e muta davanti alle persecuzioni di cui oggi sono vittime centinaia di migliaia di cristiani”. Per l’Europa distruggere il cristianesimo vuole anche dire, demolire la casa in cui è nata.

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