L’euro, la rosa e le spine

Sia chiaro: la mossa con cui il presidente della Bce Mario Draghi ha probabilmente domato la speculazione che infuria da troppo tempo sull’euro, è una medaglia a due facce. C’è quella in evidenza, ma ce n’è una sottostante che sta appiccicata lì; e con la moneta si prendono entrambe le facce.Chiariamo. L’italiano (ma dal rigore teutonico) Draghi ha forzato il ruolo della Banca che governa l’euro, con il sostegno di quasi tutti i Paesi aderenti (la Germania s’è clamorosamente smarcata): per fronteggiare la speculazione, potrà intervenire nell’acquisto di titoli a breve termine di quegli Stati che ne facciano richiesta. Illimitatamente, quindi alla fine il banco, anzi la Banca vincerà sempre. Tutto ciò è bastato per placare – per ora? – chi sta giocando sulle indecisioni europee per lucrare sulla compravendita di Btp italiani o Bonos spagnoli. L’aria è cambiata, ora è meglio cambiare atteggiamento verso titoli di Stato fortificati dalle decisioni della Bce. Acquistati con rendimenti del 6-7% annuo, sono ora da tenere e non certo da vendere.Immediato il calo del famigerato spread, e non dovrebbe stupire se un giorno lo troveremo a quella “quota 200” che Bankitalia considera equa rispetto all’andamento dell’economia del nostro Paese.Grazie Mario? Gli inglesi dicono che nessun pasto è gratis, e nemmeno questo lo sarà. Sarà l’euro-membro incapace di affrontare le tempeste sui propri titoli, a chiedere formalmente aiuto. Sappia, costui, che l’aiuto è sottoposto a una condizione grossa come una casa: noi i soldi te li diamo, ma tu d’ora in poi farai il bravo. Dove per “bravo” s’intende tutta una serie di politiche che, da Francoforte, verranno scritte e indirizzate verso la capitale e il governo richiedente. Che li sottoscriverà e dovrà metterle in esecuzione, altrimenti addio aiuto.Ad essere sintetici, quel Paese verrà commissariato dalla Bce e dai membri della stessa più virtuosi, Germania in testa. Come e quanto si spende lo deciderà Francoforte, così come le tasse e quant’altro fanno il bilancio di una nazione indipendente. La cosa può essere pesante fino all’inverosimile, a leggere le condizioni a cui verrebbe sottoposta la Grecia pur di avere la prossima tranche di aiuti (addirittura si dettano i tempi di riposo dei lavoratori ellenici…).E non è detto che ciò che si decide fuori dai confini nazionali sia sempre giusto ed efficace. Soprattutto i tedeschi premono per imporre politiche di “rigore” sui conti pubblici dei Paesi scapestrati. Difficile però che alte tasse e zero investimenti pubblici favoriscano poi spettacolari riprese economiche, con cui ripagare questi prestiti. Infine, Draghi – pensando al suo popolo – ha congegnato il meccanismo in modo tale da limitare al minimo le furbizie possibili.Quindi, c’è la rosa ma ci sono pure le spine. Le stanno assaggiando già ora gli spagnoli, il cui governo sta andando un giorno sì e l’altro pure a Bruxelles e Francoforte per capire cosa dovrà fare a Madrid. Per un Paese come quello iberico, in cui la politica ha ancora un certo senso, il più o meno velato commissariamento non è stata una splendida notizia. Insomma un argomento gigantesco in tutte le arene politiche dell’eurozona. In tutte, meno che in una, dove ci si balocca tra premi di maggioranza e simboletti elettorali. Draghi ci ha dato una grande mano, ma ci ha pure messi di fronte alle nostre responsabilità, nel momento in cui l’altro Mario dirà: missione compiuta.

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